La nuova campagna di Sportallarovescia contro le discriminazioni nello sport
di Mauro Valeri
A poco più di un mese dall’apertura dei Giochi invernali di Sochi, il CONI, le federazioni sportive e gli stessi atleti coinvolti continuano a mantenere un preoccupante silenzio sulla legislazione russa approvata a giugno contro la propaganda “di relazioni sessuali non tradizionali”.
E’ un silenzio che rischia di renderli complici di chi sta mandando in soffitta uno dei principi fondamentali della Carta Olimpica: “ogni forma di discriminazione nei confronti di un Paese o di una persona per motivi di razza, religione, politica o sesso, o altro è incompatibile con l’appartenenza al Movimento Olimpico”. Probabilmente, dietro questo silenzio c’è l’errata convinzione che il problema sia soltanto degli atleti e delle persone omosessuali e lesbiche che partecipano ai Giochi, e, dato che ad oggi nessun componente della delegazione italiana ha fatto coming out, il tema non li riguardi.
Di certo, con questo silenzio viene meno quella solidarietà del movimento olimpico che dovrebbe essere alla base degli stessi Giochi. D’altra parte, c’è il rischio evidente che lo stesso CIO finisca per piegare un altro principio contenuto nella Carta Olimpica (“nessun tipo di manifestazione o propaganda politica, religiosa o razzialeè consentita nei siti Olimpici”), all’ambiguità del concetto che è alla base della normativa russa: cosa vuol dire fare propaganda? Baciare il compagno o la compagna dello stesso sesso per condividere una vittoria è fare propaganda? Dipingersi le unghie color arcobaleno è fare propaganda (temiamo di sì, visto che è stato proibito farlo alla saltatrice svedese ai Mondiali di atletica quest’agosto a Mosca)?
In altri paesi, molti sportivi e non, hanno espresso una propria opinione su questa vicenda, arrivando anche a dichiarare che Sochi 2014 rischia di avere molte, troppe similitudini con Berlino 1936. Di certo, la Russia ha assegnato una particolare valenza a questi Giochi, investendo oltre 50 miliardi di euro, che rende quella di Sochi la più costosa Olimpiade di ogni tempo. Senza il rispetto dei diritti fondamentali, sia degli atleti sia di chi vive oggi in Russia, il tanto sbandierato spirito olimpico si dimostrerebbe ancora una volta sottomesso ad altri interessi (da quelli politici a quelli economici), finendo per rendere la competizione sportiva non il fine, ma uno strumento per affermare valori che nulla hanno a che vedere con la Carta Olimpica.
Per evitare questo, chiediamo al CONI - e alle Federazioni sportive invernali – di impegnarsi ad inserire espressamente la discriminazione per orientamento sessuale all’interno del proprio Statuto, anche a tutela degli atleti italiani, ai quali, invece chiediamo di dichiarare apertamente la propria contrarietà a qualsiasi forma di discriminazione per orientamento sessuale. Infine, ai giornalisti chiediamo che, negli stessi giorni dei Giochi invernali, vengano ricordate le storie di atleti e atlete omosessuali che sono riusciti e riuscite a imporsi anche in campo sportivo, nonostante le discriminazioni e i pregiudizi.
A tutti coloro che credono che lo sport è tale solo se è contro ogni discriminazione, chiediamo di aderire alla campagna NoDiSex (No alla discriminazione sessuale), che sarà aperta il 23 gennaio 2014 a Bologna, presso il Cs Tpo alle ore 18.30 in diretta streaming sul sito di sportallarovescia e con la possibilità di intervenire in webconference, e che prevede, nel mese di febbraio, un convegno su Omofobia e sport e l’organizzazione di un raduno sportivo gayfriendly, perché le discriminazioni vanno combattute da tutti.
Promotori della campagna: Sportallarovescia e Osservatorio sul razzismo e antirazzismo nel calcio