Da mesi il quarterback dei San Francisco 49ers Colin Kaepernick continua la sua protesta contro il razzismo ed la violenza della polizia nei confronti degli afro – americani nel suo paese.
Prima dell’inizio del match, durante l’esecuzione dell’inno, sta in ginocchio, perché, come disse quando iniziò la protesta, “non mi alzo per mostrare orgoglio verso un paese che opprime i neri”. Era un soleggiatissimo giorno di fine agosto quando iniziò questa forma di protesta simbolica, proseguita fino ai giorni più vicini ad oggi, quando i fotografi ad esempio lo hanno immortalato in ginocchio sotto i fiocchi di neve prima del match NFL dello scorso 4 dicembre contro i Chicago Bears nella città ventosa. Da quel giorno di fine agosto, fiumi di inchiostro sono stati versati e terabyte di lettere sono stati digitati da parte di giornalisti su carta e sul web, tantissimi altri sportivi professionisti e amatoriali lo hanno imitato e continuano ad imitarlo stando inginocchiati prima di affrontare la propria partita solidarizzando ovviamente con le ragioni della sua protesta , e big della politica come Barack Obama e Donald Trump hanno espresso pubblicamente considerazioni su di lui. Su quest’ultimo punto, Kaepernick ha affermato di non aver votato nelle elezioni presidenziali, perché, come ha spiegato al giornalista Matt Maiocco della Csn Bay Arena “sarebbe ipocrita per me votare, ho detto dall’inizio che sono contro l’oppressione, che sono contro un sistema di oppressione, e non lo andrò a supportare con il mio voto”. Il neo – presidente Donald Trump gli è sempre andato contro, dichiarando nei primi giorni di settembre che Kaepernick se avesse preferito avrebbe potuto cambiare paese, ed anche a fine ottobre, spiegando che il ranking commerciale della NFL si stava abbassando anche per colpa della protesta di Kap. Il giocatore dei San Francisco 49ers ha risposto che non è certo colpa sua se il ranking della NFL si è abbassato, e riprendendo lo slogan elettorale della campagna di Trump, “Make America Great Again”, ha detto che “l’america non è mai stata “great” per la gente nera”. Ci aveva anche pensato Mike Evans, giocatore dei Tampa Bucaneers, ad andare contro Trump, all’indomani delle presidenziali americane, stando in ginocchio durante l’inno americano contro l’elezione del tycoon alla casa bianca, mentre nello stesso periodo la star nera del basket a livello di college NCAA Nigel Hayes protestava stando dietro la riga dei suoi compagni di squadra, durante l’esecuzione dell’inno americano; a novembre ancora alcuni giocatori delle squadre della NFL (di squadre come Seattle Seahawks, Los Angeles Rams, Miami Dolphins, Teenese Titans, Philadelphia Eagles) protestavano durante l’inno, e dal suo profilo twitter kaepernick l’8 dicembre twittava la foto delle giovani giocatrici della squadra di basket femminile Bayview High School in Milwaukee in ginocchio durante l’inno prima di disputare la loro gara. L’impegno nel sociale di Kaepernick però è andato oltre il suo gesto simbolico ormai celebre eseguito sui campi della NFL. A fine ottobre veniva diffusa la notizia della fondazione di un campo per ragazzi svantaggiati di colore dell’area metropolitana a nord di San Francisco dal nome “Know Your Rights Camp”, con una sua omonima pagine facebook e twitter, per far rendere consapevoli dei propri diritti le giovani generazioni di colore.
Inoltre, lo scorso 18 novembre, sul sito “Nineswire.com”, veniva diffusa la notizia in base a cui Kap annunciava che, attraverso una campagna gestita online, era pronto a mettere a disposizione un milione di dollari per chi fosse intenzionato a fondare negli stati uniti le sedi locali dei “Know Your Rights Camp”. Il punto di vista di Kaepernick è sempre stato comunque molto parziale e schierato, senza tentennamenti, basti pensare che il 24 novembre scorso, il giorno prima della morte del Leader Maximo all’Avana, durante una conferenza stampa indossava una maglietta con diverse foto d’epoca su un incontro tra Malcom X e Fidel Castro, ed indossando un cappello nero con una grossa X al centro. Una posizione talmente coerente da far scaturire reazioni persino da parte dell’ufficio del dipartimento di difesa degli Stati Uniti, il Pentagono, oltre che un pezzo grosso della marina militare degli Stati Uniti. Durante le celebrazioni del 75 anno dall’attacco di Pearl Harbour, lo scorso 7 dicembre, l’ammiraglio comandante della flotta USA del pacifico Harry Harris, ha affermato che “Potete scommettere che gli uomini e le donne che oggi onoriamo, non sono mai state in ginocchio e non hanno mai mancato di stare in piedi ogni volta che hanno seguito in fase di esecuzione l’inno americano”. E la pagina twitter del Pentagono ha ripreso le parole dell’ammiraglio Harris twittando un’immagine dell’evento celebrativo. Salvo poi ripensarci, e cancellare il twitt, che ormai però era rimasto registrato da parte di alcuni siti di informazione americana.