A seguire un resoconto della seconda giornata della Uefa Respect Diversity di Roma.
L’ultima delle due giornate della Uefa Respect Diversity di Roma, è stata inaugurata da sei differenti workshop, ognuno connesso al tema centrale dell’evento, le discriminazioni nel mondo del calcio, con l’obiettivo di confrontare varie esperienze a partire dalle quali avanzare soluzioni possibili.
Il primo degli argomenti particolari riguardava ”educazione contro sanzioni”, il workshop è stato presieduto da Rafal Pankowski, dell’Ong Never Again di Varsavia. Esperto di problemi legati alla presenza dell’estrema destra nel mondo del calcio dell’Europa orientale, Pankowski ha espresso la propria preoccupazione per la crescita di tale presenza e degli episodi di razzismo negli stadi, che mettono in gioco la legittimità stessa del calcio. I partecipanti si sono trovati d’accordo sulla necessità di agire secondo due linee, quella dell’educazione e dell’informazione, con una responsabilizzazione dei club, delle organizzazioni, dei tifosi e degli sportivi stessi, nonché da parte dei media che a volte alimentano comportamenti razzisti; l’altra linea di azione già avviata è quella delle sanzioni contro gli episodi di discriminazione. Tuttavia sono emersi alcuni problemi da risolvere, da un lato la negazione del problema da parte dei funzionari dei club e dall’altro problemi legati all’attuale procedura sanzionatoria, spesso sproporzionata o arbitraria; a tal proposito si è dibattuto in particolare sull’utilizzo di misure sanzionatorie per agire sulla responsabilità individuale, che però non sono sempre attuabili anche a causa dell’inadeguatezza degli stadi. Riconoscendo quanto possa dimostrarsi lunga la strada per debellare il fenomeno, si è dichiarato il dibattito non concluso e da aggiornare costantemente.
Ne abbiamo parlato con due delle partecipanti al workshop, provenienti l’una dall'esperienza del St. Pauli, che ci ha riassunto in breve la discussione del workshop e l’altra dai supporters del 1860 Munich, che ci ha raccontato l’esperienza dell'organizzazione di cui fa parte, fondata per combattere nazismo e neonazismo, nonché altri tipi di discriminazione, tra i supporters del 1860 Munich. Grazie alla collaborazione del club di Monaco, dietro segnalazione dei supporters, sono stati ad esempio eliminati dagli spalti i simboli nazisti, come indicato anche da direttive della Uefa, quasi per niente seguite dai club europei.
Nel workshop dedicato alla discriminazione contro la diversità, ci si è incentrati sulle discriminazioni di minoranze e di genere, le cui rappresentanze rimangono confinate al livello del gioco e non della dirigenza. Dalla discussione è emerso come la pratica delle quote rosa, di cui si era parlato il giorno precedente, pur con dei vantaggi, ha lo svantaggio di poter rimanere solo un suggerimento, perché la sua imposizione risulterebbe svantaggiosa per quelle società che operano con dei volontari, limitandone i numeri già esigui.
Paul Elliott, ex giocatore inglese, ha presieduto il workshop dedicato alle minoranze etniche, dedicato in particolare a quella dei rom. E’ emerso come la prima azione da intraprendere sia spingere le autorità locali e le federazioni a collaborare con media, scuole, organizzazioni e club per ampliare l’informazione sulle comunità rom, tramite la loro auto narrazione, con l’obiettivo di creare una coesistenza pacifica. Al workshop sono intervenute anche attiviste di un’associazione austriaca impegnata nel riconoscimento del diritto allo sport per le giovani donne musulmane. Ne abbiamo parlato con Asma Aiad, che ha dichiarato come la loro sfida sia includere le donne musulmane nella pratica dello sport, nonostante le discriminazioni cui sono soggette anche in questo campo, ad esempio per l’abbigliamento richiesto da varie attività sportive.
Centrato sulla lotta all’omofobia, un altro workshop è giunto alla conclusione che sia necessario creare una rete tra le varie frammentarie organizzazioni LGBT, effettuare ricerche comparative per capire a che punto si trovi ogni Paese nella lotta a tale discriminazione e quindi attuare programmi concreti di intervento. Inoltre è emersa una possibile soluzione che vorrebbe dare priorità al fair play sociale, distribuendo il denaro delle sanzioni alle campagne contro la discriminazione.
Daniela Conti, della UISP di Roma, è stata la presidentessa del workshop centrato sulle discriminazioni nello sport nei Paesi dell’Europa meridionale. Non potendo riunire storie differenti sotto un’unica narrazione, ci si è però trovati d’accordo sulla necessità di intervenire sulla prevenzione, anziché lavorare sempre e solo sull’emergenza. A tal proposito si è proposto di formare i giocatori professionisti, che possono avere un grande impatto, affinché diano messaggi significativi. Dal workshop è emerso anche come occorrerebbe dedicare particolare attenzione, discussioni e interventi, al ruolo dei migranti e dei richiedenti asilo e del loro accesso negato allo sport.
Presieduto da Bart Ooijen, ministro dello sport olandese, il workshop sull’inclusione nello sport, nei piani d’azione nazionali, è partito dalla constatazione che le federazioni nazionali spesso non applicano i regolamenti della Uefa e dalla domanda forse retorica: “quante persone all’interno delle federazioni si occupano di affrontare il problema delle discriminazioni?”. Si è considerata la possibilità di creare partenariati tra le federazioni, istituire commissioni di consulenze nazionali che si occupino del tema, con sistemi di monitoraggio che individuino le priorità e i piani d’azione, oltre a creare collaborazioni con associazioni e ONG che non necessariamente si occupino di sport.
La giornata si è conclusa con un incontro con Clarence Seedorf, Urby Emanuelson, Pierluigi Collina e Anthony Baffoe. È stato lanciato un appello alle istituzioni affinché intervengano per contrastare il fenomeno del razzismo e ai giocatori perché si espongano, constatando l’insufficienza delle azioni intraprese finora.
La Uefa conclude la due giorni romana lanciando la campagna Captains of change, ambasciatore l’ex giocatore della nazionale francese Christian Karembeu. Con questo nuovo programma la Uefa intende impegnarsi a favorire l’inclusione delle minoranze nella gestione dello sport, incoraggiando iniziative nazionali e locali che intraprendano il cammino verso questa direzione.