Un anno fa, più o meno in questo periodo, presentavo, insieme a Davide Sannazzaro “Carlo Petrini – Una vita in due tempi” al Festival No Dal Molin di Vicenza. Ricordo che calcisticamente era un settembre meno caldo, rispetto a quello che stiamo vivendo. Diciamo che a livello di scandali eravamo fermi all'annosa polemica su Calciopoli e, a parte l'Atalanta, la situazione era nella media. Sto parlando del campionato di calcio. Quello di serie A italiano.

Dicevamo, si presentava la docu-intervista che racconta non solo la vita di Carlo, ma il suo punto di vista, le cose che conosce per esperienza diretta e quelle che poi ha scoperto quando è cominciata la sua seconda vita. Voglio andare al punto senza troppo giri di parole, se ci riesco.
Schematizzo. Questione scommesse: Carlo, commentando quello che già si sapeva nell'estate 2011, prevedeva quello che poi naturalmente è accaduto. Qualche penalizzazione per squadre minori, qualche giocatore di secondo piano squalificato e al limite il sacrificio di qualcuno sul viale del tramonto. E com'è andata? Lascio rispondere a voi. Ricordo che a marzo di quest'anno sembrava dovesse scatenarsi il finimondo.
Andiamo alla questione legata a coloro che denunciano fatti illeciti come tentativi di combine o aggiustamenti di partite. Al netto della polemica sul pentitismo, argomento che va di moda solo in certi frangenti e solo quando tocca certi determinati ambienti e che se non coinvolge potenti non è assolutamente preso in considerazione, Carlo sottolinea anche un altro aspetto. Coloro che mettono in discussione il sistema e vanno in controtendenza rispetto all'ordine costituito delle cose verranno estromessi e messi alla gogna mediatica. Ci prende di brutto anche questa volta. Un esempio? Che fine, calcistica, ha fatto Farina? Senza squadra, o sbaglio? E non stiamo parlando di un pentito, chiariamo il punto. Perché giustamente si può non credere a Masiello o a Carobbio, ma Farina? Eppure è disoccupato. Fuori dai giochi. E chi se lo prende uno così in un mondo come quello del calcio?
Quando poi, sempre Petrini, dice che invece, coloro che si prodigheranno a difesa del sistema saranno sicuramente premiati, fa tombola perché senza dubbio, anche in questo caso, non mi si potrà smentire se diciamo che molti dei protagonisti li troviamo già ora a commentare il campionato o il mercato. La collocazione in programmi tv è il passaggio naturale, molto spesso. Ci sono esempi clamorosi in questo senso.. Paoloni, quello del sonnifero ai compagni di squadra, ha commentato gli Europei per una importante emittente del Lazio. Altri sono spesso ospiti di SportItalia dove ovviamente, la difesa a oltranza di chiunque venga accusato dalla giustizia sportiva senonché ordinaria, è parte preponderante della linea editoriale nei rotocalchi calcistici. I garantisti della domenica, verrebbe da dire. Scuola Emilio Fede, tanto per chiarire il concetto. Cosa che apparirebbe quasi sospetta in un Paese normale, qui fa opinione. Non tutti si possono permettere la Tv a pagamento e non tutti si chiedono chi sia l'opinionista di turno. E' un po' come si quando si compra il giornale, si legge, e ci si dimentica di verificare chi è l'autore del pezzo. Visto che il giornalismo d'inchiesta è praticamente sparito dai radar, e a contare sono le opinioni, stare attenti a chi le da appare di vitale importanza.
Torniamo a Carlo versione Nostradamus. Questione dirigenti sportivi. Tante belle parole, alcune anche di denuncia, ma sono sempre quelle, le parole, e la cosa più grave è che sono pronunciate dalle stesse persone. Gli stessi dirigenti da sempre. Dai tempi di Petrini, verrebbe da dire.
Quindi cosa dire di un campionato che è stato disossato, spremuto e ridotto all'osso come il Paese in cui si svolge? Che dire di un torneo che campioni non ne ha praticamente più, che ha stadi vergognosi e invivibili, che ha una media spettatori ridicola rispetto agli standard europei? E non parlo solo di Inghilterra e Spagna. Ci sono la Germania, la Francia e il Portogallo che ci precedono in praticamente tutto. I Rangers di Glasgow riempiono uno stadio da cinquantamila posti e sono in terza divisione per le note questioni legate al fallimento. E noi? Come siamo messi? Quanto vale il campionato italiano?
E' vero, c'è la crisi. Ma se si fosse lavorato negli anni pensando a costruire e non a guadagnare e basta, alla faccia dei presidenti mecenati, forse ora non saremmo messi così. Se è Farina a essere messo ai margini del calcio mentre altri trovano spazio anche da squalificati, qualcosa non va.
Qualcosa di importante.
Un ultima considerazione, che per quel che vale, è la mia. Era da un po' che non scrivevo su questo sito. Perché è complicato, dopo dieci anni in cui mi sono occupato di queste cose, ritrovarmi sempre allo stesso punto, a dire sempre le stesse cose, a scriverle e trovare l'entusiasmo necessario.
Poi però mi viene in mente cosa ho scritto quando Carlo è mancato, qualche mese fa: “... la sua storia, proprio perché piena di contraddizioni, è una storia che chi ragiona in un’unica direzione non può comprendere. Per me e per tanti invece è proprio questo che ha fatto la differenza. Avere il coraggio di raccontare debolezze e limiti di sé e dell’ambiente in cui si è vissuti, senza mai sfociare nella delazione e nel pentitismo, è cosa rara. Tutto con estrema, decisa, puntualità.
Quando poi si tratta di un ambiente così chiuso e omertoso come il calcio, è chiaro che si rischia di finire all’angolo, emarginati”.
Per Carlo è stato così. Allora mi dico, se devo stare dalla parte di qualcuno, scelgo di stare dalla parte di chi, anche con un solo gesto, si ribella. E mi è quindi difficile stare invece dalla parte di chi, in un modo o nell'altro, un posto nel circo lo trova sempre.