La questione sicurezza in Brasile è uno dei paradossi più grandi nei quali ci si imbatte se si decide di fermarsi per un tempo non troppo limitato in questo immenso Paese. Se ne è prodotta di letteratura a riguardo. E quindi, volente o nolente, si arriva in qualche modo condizionati da un certo tipo di informazione. E di informazioni. Così l'esigenza di affrontare questo tema dopo un paio di mesi di permanenza è inevitabile.
Rio de Janeiro e San Paulo sono da sempre considerate metropoli pericolosissime. A leggere certi articoli sembrerebbe l'inferno. Ma la realtà? San Paulo è una città economicamente solida, con quartieri residenziali e strutture da fare invidia a molte capitali europee. E' vero, ci sono le favelas, che non sono poi altro che agglomerati urbani sorti abusivamente negli anni. Abitati da gente che ha cercato fortuna in città, che lavora, ma che non può permettersi una casa in regola. E' chiaro che dove c'è povertà possano sorgere un certo tipo di attività criminose, ma dove non è così? E' quindi la miseria, invece,  a fare paura?
In tutto il Brasile palazzi e condomini sono ben fortificati. E c'è sempre anche la presenza fisica di qualcuno a vigilare.
Le società di vigilanza privata sono innumerevoli. E' nato un grosso business in questo senso. Ex militari o poliziotti che creano società private garantendo servizi più disparati. E il video controllo imperversa ormai ovunque. Sia pubblico che privato.
Di corpi di polizia ce ne sono diversi. E sono molto presenti, è inutile negarlo. Una presenza costante e lasciatemi dirlo, esagerata. Armati fino ai denti, perdonatemi l'espressione.
Stesso discorso per Rio de Janeiro. La politica di Lula ha eliminato davvero molta povertà in questa città, bisogna dirlo, ma in cambio si è pagato molto in termini di controllo, appunto. Si sono sì "pacificate" praticamente tutte le favelas della città, con interventi cruenti del famigerato BOPE (Batalhão de Operações Policiais Especiais, ovvero battaglione per le operazioni speciali di polizia), ma più per questioni politiche che per reale necessità di reprimere criminalità. Rio de Janeiro si diffonde su un territorio irregolare. E' la foresta che contiene la città, e non il contrario. Le disparità sociali sono più evidenti da altre parti solo perché è il territorio ad essere diverso. Irregolare. E le favelas si insinuano in ogni dove. E' che oggi quelle aree che prima non valevano nulla, se liberate dalla scomoda presenza dei suoi abitanti, avrebbero un valore di mercato elevatissimo. Ecco l'esigenza di "pacificare", delocalizzare, spostare, il…problema.
Dove c'è spazio nascono ancora costruzioni abusive. E sarà sempre così. Ma anche qui, coloro che le abitano sono poi le persone che troviamo a lavorare sulle spiagge, a condurre i van collettivi, a lavorare nei vari cantieri sorti in vista delle grandi manifestazioni internazionali che il Brasile ospiterà. A Rio giungono anche un sacco di persone che vengono da fuori per lavorare qui. Regolari e non. La stagione turistica che si va concludendo è stata quella dei record, e come dicono proprio i più "poveri", c'è spazio per tutti.
Tornando alla mera questione legata al mito dell'insicurezza delle città brasiliane, sono spesso proprio i brasiliani a continuare a ripetere che bisogna sempre stare attenti, che è pericoloso ecc…
In macchina corrono tutti perché temono rapine e passano col rosso per evitare brutte sorprese. E qui nasce il vero pericolo. L'unico che mi pare giusto evidenziare, perdonatemi l'ironia. Attraversare la strada, a San Paulo e Rio de Janeiro, è qualcosa di assolutamente arduo da compiere. E ci speri a un certo momento spunti davvero un rapinatore che fermi il flusso di auto. In due mesi non mi è ancora capitato, ma in compenso ho respirato parecchio gas di scarico attendendo il momento giusto. Se lasci le tue cose in spiaggia o in un qualsiasi luogo pubblico chi ti sta attorno ti rassicura che vigilerà per te. Basta un cenno. A nord, dove sicuramente la situazione economica è meno rosea, solo a Fortaleza si corre forse qualche pericolo in più. Ma tutto è legato a una serie di luoghi che si può scegliere anche di non frequentare. Luoghi che sono strettamente legati a un certo tipo di "turismo" (lo chiamano così…) che ancora troppi uomini scelgono di venire a fare qui. Quelli che poi magari a casa loro… Vabbè, ma questo è un altro discorso.
In sintesi, il Brasile non è poi tanto più pericoloso di qualsiasi altro posto del mondo. Mi viene quindi il dubbio, come altre volte in cui mi sono ritrovato a disintegrare luoghi comuni da quando sono qui, che sia invece la povertà a spaventare. Che sia quella che fa così paura?
Non solo in Brasile, ma anche in Uruguay e Argentina dove ho avuto la fortuna di stare, peruviani, colombiani e venezuelani che ho potuto frequentare, mi hanno fatto capire questo: non è la miseria a dovere fare paura, ma chi la crea. Chi se ne serve, chi la sfrutta per arricchirsi a sua volta. E che poi ne alimenta la sindrome per creare e fare proliferare sistemi di controllo.
E questo sì, deve spaventare non poco.