"Que coincidencia, nao tem polìcia,nao tem violencia", era il coro assordante che echeggiava ieri sera nella via principale di Sao Paulo, Avenida Paulista. Lunga svariati chilometri, non doveva essere percorsa dal corteo. Ma quello che è successo ieri in Brasile non ha precedenti.
Settimana scorsa la repressione è stata durissima. Non si protestava solo contro i rincari, ma contro un modo di intendere il Paese.
I soldi per gli stadi si sono trovati, quelli per le infrastrutture che invece servirebbero eccome, no. La politica è corrotta come la polizia, d'altronde. La gente è stufa di subire i rincari. E la questione trasporto pubblico è grave ma è solo l'ultimo dei motivi di malcontento. Poi la risposta violenta delle forze dell'ordine di settimana scorsa ha definitivamente chiarito ai brasiliani che è ora di cambiare. "Progresso sem ordem", è così che si vuole la nuova bandiera. Si parla da anni di sciogliere la polizia militare, ma sono rimaste solo chiacchiere. Sono loro a gestire l'ordine pubblico, in pratica. Ieri si sono ben guardati dall'intervenire nella capitale paulista, e la gente si è ripresa proprio la strada simbolo del potere economico verdeoro. E quel "che coincidenza, niente polizia, niente violenza", suonava da una parte come un grido di scherno, dall'altra come una rivendicazione perentoria.
A Brasilia circondato e praticamente occupato il Congresso Naccional. Parliamo del luogo simbolo del potere politico, in questo caso. Migliaia e migliaia di persone. Si vedeva, per chi ha potuto seguire le manifestazioni in diretta, gente fino sul tetto di questo modernissimo edificio conquistato.
Ben visibili bandiere dei Sem Terra e striscioni e cartelli sostenuti sia da studenti che da lavoratori. C'era tutta quella che chiameremmo la società civile, in piazza. Anche in questo caso la polizia ha potuto fare poco per impedire l'azione, più che simbolica. Anche se non è come scrive qualcuno oggi, ci hanno provato eccome a fermarli, ma un po' per le dimensioni del corteo, un po' per le polemiche che si sono scatenate nei giorni scorsi, alla fine hanno desistito. L'uso di lacrimogeni non ha intimorito. Manifestazioni oceaniche anche a Curitiba e Bahia. Pacifiche e festose.
A Rio invece, come in altre città, non è stato così. Quando la folla numerosissima ha raggiunto la Porta de Assembléia Legislativa è successo di tutto. Un continuo lancio di lacrimogeni non ha impedito i manifestanti di raggiungere le scalinate del palazzo. Molti di fatto si stavano riparando li per ripararsi dai gas. A quel punto la rabbia. A fuoco il portone, alcuni hanno orinato sui muri dell'edificio. Atto che i media locali, soprattutto durante le dirette, non ha mancato di rimarcare e sottolineare. Cercando anche di sminuire la mobilitazione, in questo modo. A Porto Alegre il corteo si è conquistato il centro della città e scontri sono andati avanti per ore.
A Belo Horizonte altra enorme manifestazione. E non poteva che essere così, visto che è proprio dal Minas Gerais che cominciarono a ribellarsi ai colonizzatori europei, i brasiliani. La terra di Tiradentes, l'eroe ribelle.
Ultima notazione: chi parla oggi di centomila persone in piazza ieri sera mente clamorosamente. Solo a Sao Paulo erano almeno il triplo. Almeno. E chi pensava fino a ieri che questo fosse solo il Paese delle spiagge e della samba, ha dovuto non solo ricredersi, ma affrontare una sfida ancora più grande. Cercare di sintonizzarsi sul fatto che affrontare la vita in modo gioioso è voglia di prendersi il meglio sta nell'indole del brasiliano e non cozza affatto col volere un mondo migliore, un Paese migliore . E le manifestazioni di questi giorni ne sono la prova.
Un popolo ricco di risorse morali, passionale e attento. Che sa di giocarsi il futuro e che non vuole perdersi questa occasione.
Un popolo affatto superficiale come spesso è chi lo giudica.