In queste righe non vogliamo tornare sulle proteste che ancora stanno avvenendo in questi giorni ma piuttosto scoprire se c’è un legame tra quanto accade adesso e quanto succedeva negli anni bui del regime militare (1960-1984). E’ l’operazione che abbiamo fatto nella seconda puntata di BrasilS, quella di sforzarci di capire se c’è un nesso tra le proteste di ieri e quelle di oggi. Abbiamo scoperto che un legame c’è eccome e che il pallone c’entra sempre. Questa storia è solo di una di quelle che avremmo potuto scegliere. Ma forse la più emblematica.
Vladimir Herzog è arrivato in Brasile piccolissimo. E’ figlio di una famiglia ebrea che dall’allora Jugoslavia fugge per scampare al nazismo. Cresce e studia in Brasile; da subito sono evidenti le sue doti per la scrittura e il racconto. Fa qualche esperienza come drammaturgo, scrive diversi testi teatrali. Ma la sua passione vera sono i reportage, il giornalismo d’inchiesta. Si fa notare anche in questo campo tanto da essere ingaggiato dalla BBC. Qui lavora per qualche anno e commenta le partite del Brasile durante l’edizione dei Mondiali ’66, fatto che gli porta grandissima popolarità. Da qualche anno le cose nel Paese verdeoro sono cambiate, soprattutto dal 1964 quando con un “golpe nel golpe” seguito a quello del 1960 il Paese intraprende una strada senza uscita. Sono gli anni dell’Operazione Condor in tutta l’America Latina, quando la CIA in piena guerra fredda sceglie di spegnere qualsiasi moto anticapitalista nel continente. In concerto con militari appositamente addestrati si perpetreranno crimini di indicibile disumanità che segnano ancora oggi la vita di quei paesi.
Ma torniamo a Herzog. Nonostante la situazione Vlado (così affettuosamente chiamato) decide di tornare in Brasile per dare il suo contributo contro questo tipo di politica. E’ chiamato a dirigere la redazione di Tv Cultura, una emittente che ancora oggi gode di grande credibilità a livello internazionale per la qualità delle sue inchieste. Ogni sera il “suo” notiziario mette in discussione quanto di drammatico sta avvenendo e questo gli costa non poche e per nulla piacevoli attenzioni. Herzog come dicevamo è molto stimato e popolare, non è facile attaccarlo. Ci pensano quelli del DOI CODI, un’organizzazione per anni clandestina composta da proprietari terrieri, militari, giudici che fanno di tutto per contenere quello che loro definiscono il “pericolo comunista”. Quando il regime assume pieni poteri questi escono dal buio e anzi assumono un ruolo decisivo nella repressione ai danni di chiunque dissente al regime. Operano inizialmente nello stato di Sao Paulo dove sono potentissimi. Diventano parte stessa del regime. Contano importanti esponenti politici e un braccio armato militare. Wadih Helu è uno degli uomini politici di spicco di questa organizzazione. Parte da una sua invettiva alla camera dei deputati l’attacco a Herzog. Sono parole durissime. Una sentenza. E’ il 1975. Wadih Helu è stato per dieci anni presidente del Corinthians e ha ricoperto ruoli di prestigio come dirigente nello sport in Brasile fino a qualche anno fa.
Herzog si presenta accompagnato da due colleghi alle autorità per chiarire la sua posizione che non è affatto quella di chi vuole tradire il proprio Paese. E’ l’ultima volta di cui si hanno notizie di lui vivo. L’indomani infatti le stesse autorità comunicheranno che Vladimir Herzog si è impiccato, quindi suicidato, per la vergogna di avere tradito il proprio Paese.
Il rabbino capo di Sao Paulo nonostante questo chiede ugualmente di potere avere la salma. La religione ebraica come le altre non celebra il funerale di un suicida. Il rabbino si rende immediatamente conto che non è andata affatto come dicono le autorità e indice il funerale sfidando le autorità. Anche la comunità cristiana sceglie di rendergli omaggio e il cardinale (non a caso qui nasce la “teologia della liberazione” tanto osteggiata da Wotyla) di Sao Paulo contemporaneamente al funerale chiama tutti a una messa per ricordare Vlado. Non si era mai vista così tanta gente in piazza in Brasile. E’ di fatto la prima vera manifestazione popolare della storia del Paese.
Solo nel 2001 si è sancito che Vladimir Herzog non si sia suicidato ma che il decesso sia avvenuto a seguito delle torture al quale è stato sottoposto.
E il figlio Ivo Herzog oltre all’ex presidente del Corinthians lancia un’accusa molto ferma a una persona molto precisa, indicandola come il mandante esecutivo dell’arresto e della morte del padre. Il nome è quello di Josè Maria Marin. Non vi dice nulla? Sicuri?
Josè Maria Marin è il presidente della CBF: la Federazione calcistica brasiliana. E’ quindi l’organismo che insieme alla FIFA sta organizzando i Mondiali di calcio che si svolgeranno a giugno 2014. Uomo di spicco del governo militare, ha ricoperto cariche importantissime durante quegli anni.
E’ l’uomo che vedremo stringere le mani di capi di stato e di campioni ai Mondiali. Mani sporche.
Così non stupitevi se vi capita di vedere immagini di manifestazioni in cui scritte o striscioni chiedono le dimissioni di Marin; non è solo per una questione legata ad appalti truccati e tangenti. Non c’è solo questo.
E non stupitevi neppure se vedrete gente di ogni età chiedere verità e giustizia per Vladimir Herzog che ancora oggi è un simbolo per chi vuole un Brasile migliore.
Un’ultima considerazione: il pallone c’entra sempre. Soprattutto quando si parla di Brasile.
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