In contemporanea in diverse città d’Italia si è disputato il Trofeo Gioco Anch’io: Ancona, Bologna, Napoli e Padova.

Sono alcune delle realtà che si sono trovate ad Ancona nel mese di gennaio di quest’anno, incontro da cui è nato l’appello Gioco anch’io , che si pone come obiettivo quello di mutare regole in netto conflitto non solo con il buon senso ma ancora di più con la società in cui viviamo. Quelle regole rigide che impediscono a centinaia di migliaia di giovani e giovanissimi di sentirsi protagonisti attraverso lo sport. La scusa è quella di impedire che si inneschino meccanismi che possono incentivare la tratta di minori, in realtà sappiamo bene che non è questo il modo di impedirlo. Non sapendo come affrontare i cambiamenti sociali che stanno avvenendo nella nostra società, il governo dello sport si sta ancora interrogando sull’opportunità di andare incontro a un mondo che muta.

Il senso dell’appello, ma anche quello delle iniziative, è lo stesso. Quello di dimostrare, attraverso la cosa più semplice, ovvero il gioco, che si può stare insieme, si possono condividere spazi ed esperienze. Ci si può misurare gli uni con gli altri. Cosa fa crescere più di questo? Cosa rende migliore una società se non la condivisone e lo scambio?

Con tale spirito si è dato vita a questo torneo. La contemporaneità in diverse città crea a maggior ragione un punto di coesione, tenendo insieme esperienze diverse ma che hanno le stesse finalità. Ridiscutere certe regole che escludono tutti quei ragazzi di cosiddetta seconda generazione, che sono nati in Italia. Ragazzi che vanno a scuola, che lavorano. Come si fa a tenerli fuori dallo sport?

E qui dovrebbe scattare la retorica sul ruolo fondamentale dello sport nella società. Dal punto di vista della salute, ad esempio, al benessere delle persone. Ma dato per assodato questo, viene ancora più spontaneo chiedersi che senso abbia tenere lontane così tante persone. I cittadini di domani.

Ad Ancona come a Bologna, ma anche a Padova e Napoli la giornata si è svolta con un numero di partecipanti al di sopra delle previsioni. Circa venti squadre per torneo. Squadre che rappresentano comunità presenti sul territorio, come può essere Afro-Napoli, un team iscritto al campionato AICS che farebbe la sua bella figura anche in un campionato FIGC. Ma lo stesso vale per molte altre squadre che hanno partecipato a queste giornate. Pensiamo ai finalisti dell’edizione padovana. La squadra dei Kick Refugees, composta da ragazzi che arrivano da Costa d’Avorio e Mali che mai avevano disputato un torneo in vita loro. E la finale si è svolta all'Appiani, lo storico stadio della città, e non un giorno qualunque ma il 25 aprile, data che accresce il senso della campagna che si sta portando avanti. Figuratevi l’emozione!

A Bologna il torneo si è svolto addirittura di fronte la Basilica di San Francesco. Numerose le persone che hanno seguito queste giornate. Ad Ancona come a Napoli, un gran numero di persone alle quali si sono aggiunti molti curiosi attratti dal gioco e dall’atmosfera di festa.

Ci saranno altri appuntamenti dopo questo. E anche in altre città oltre a quelle dove si è svolta questa prima edizione. Perché sempre più persone possano dire “Gioco anch'io”!

La prima classificata: la squadra composta dai supporters della Polisportiva San Precario di Padova

La squadra seconda classificata: Kick Refugees di Padova