Il nome Spartak ed il calcio, due termini che rimandano nella storia allo Spartak di Mosca, la squadra messa in piedi dall’iniziativa spontanea dei fratelli Starostin, che per il suo appeal popolare, ed in competizione con la Dinamo, squadra del ministero dell’interno vicina agli ambienti del potere stalinista, si alienò le simpatie dei burocrati sovietici e registrò l’epilogo del processo e la tortura dei fratelli Starostin, mandati a lavorare nei campi forzati.

Una storia proveniente dal mondo dell’Unione Sovietica, un mondo lungo, la cui nascita e fine segnano i confini di un libro ponderoso come “Il secolo breve” dello storico inglese Eric Hobsbwam. Un mondo fatto di spinte dal basso, sentimentalità popolari, ed anche di un certo spirito egualitario che, con l’avvento del libero mercato che oggi impera in tutto il mondo, come ha scritto Naomi Klein in “Shock Economy”, nel capitolo “L’identità capitalista. La Russia e la nuova era del mercato barbaro”, è stato completamente neutralizzato a scapito di un impoverimento di massa e diffuso negli ex paesi sovietici. Parlare di quel mondo e del calcio popolare oggi in Italia, ci rimanda alle tante squadre di calcio auto-organizzate esistenti che nei loro simboli o nei loro nomi, hanno un richiamo esplicito alla storia dell’ex Urss. Al di là del mondo sovietico, ma rimanendo in corsa sui binari della storia, il mito di Spartaco poi sembra quello più adatto a poter rappresentare i valori del calcio che nasce dal basso, si autodetermina e lancia una sfida all’impero del calcio business, spezzando le catene e cercando di dimostrare che un altro calcio è possibile. Pensiamo che ad esempio, proprio la scorsa estate è nata in Italia una nuova squadra di calcio popolare, lo “Spartak Lidiense”, ad Ostia, municipio X di Roma. Come si legge dalla pagina “social” della squadra,  Il progetto “Spartak Lidense” “nasce nell’estate 2014 dalla volontà di alcuni ragazzi del X Municipio di riportare il calcio alle sue origini popolari.

Stanchi del modello di sport propinato dai grandi club o dai villaggi sportivi delle multinazionali, svuotato di ogni valore sano e riempito invece di soli interessi economici, noi proponiamo una squadra di calcio antirazzista, antifascista e antisessista, che riesca a promuovere aggregazione, solidarietà attiva e partecipazione” . Esiste già da tre anni una squadra di calcio popolare a Lecce con il nome di “Spartak Lecce”, che, come tutte le altre squadre di calcio popolare presenti in Italia, ha iniziato da poco tempo la propria stagione agonistica; di seguito vi proponiamo un’intervista a Luca Chiriatti, allenatore della squadra dai colori bianco verdi a strisce orizzontali, e recante la scritta “Fight the racism”.

Quando nasce la squadra dello Spartak Lecce? Quali sono le realtà ed i soggetti che stanno dietro la sua fondazione? Quali sono i valori che ispirano questa squadra, quali le idee di base? 

Lo Spartak Lecce nasce nell’estate del 2011, e oggi per il terzo anno è pronto ad affrontare il campionato figc di terza categoria. L’idea di fare una squadra di calcio è nata dall’esperienza del torneo antirazzista “Calcio senza confini” che nel 2011 era già alla sua quarta edizione. Proprio per comunicare le nostre idee, le nostre lotte e il modo di intendere questo sport abbiamo deciso di affrontare i campionati federali e abbiamo scelto il nostro nome. Spartak infatti si rifà a Spartaco lo schiavo che sfidò l’impero romano, così come noi nel nostro piccolo e partendo dall’ultimo dei gradini, sfidiamo l’impero calcio costruito intorno ai soldi e alla repressione. I colori (bianco verde) vengono proprio da “Calcio senza confini”, il bordino giallorosso è ovviamente un omaggio al Lecce.

Le realtà che collaborano alla realizzazione dello Spartak sono diverse. Molte associazioni partecipano attivamente alla raccolta fondi organizzando feste ed eventi benefit. La cosa che mi piace più sottolineare è però quella che vede i giocatori autotassarsi in prima persona per contribuire alla crescita e all’esistenza della società. Insomma un azionariato popolare che parte dallo spogliatoio e si muove per le strade!

I valori di base che ci ispirano sono l’unione, l’uguaglianza e l’antirazzismo, l’antifascismo e la lotta a qualsiasi forma di discriminazione. Credetemi spesso non è facile toccare questi argomenti nei campi di periferia, però è anche vero che in diversi casi siamo stati accolti bene, ricambiandoci l’usanza del terzo tempo in stile rugby che noi adottiamo dalla nostra fondazione. Un bel modo per chiacchierare, mangiare e bere qualcosa insieme a partita finita e… ad agonismo smaltito.

Quali sono le attività sociali che hanno caratterizzato la vita di questi anni dello Spartak Lecce? Quali le iniziative, manifestazioni, a cui avete preso parte o di cui siete stati promotori?

Lo Spartak è collegato ovviamente ad altre attività ed eventi che organizziamo. Oltre al già citato “Calcio senza confini”, torneo composto da 28 squadre e con una forte presenza di comunità straniere, è obbligatorio citare “No Racism Cup”, campeggio antirazzista che organizziamo ad Agosto e che oltre ad essere un torneo di calcio a 5 è l’occasione per incontrarsi, discutere, assistere ogni giorno a concerti e a presentazioni di libri. Colgo infatti l’occasione per invitarvi a partecipare e magari organizzare una piazza tematica, per l’edizione 2015, legata al calcio popolare, fenomeno in netta crescita in questi ultimi tempi. L’associazione promotrice di tutti gli eventi è l’associazione culturale Bfake, di cui faccio parte. Produciamo inoltre anche libri con le Edizioni Bepress, casa editrice indipendente che si occupa di controcultura e che ha in cantiere un libro dedicato proprio allo sport popolare.

Quali sono le sensazioni di un allenatore che fa parte di una squadra di calcio popolare, durante la settimana e nel match di campionato? Quali sono gli animi che muovono i giocatori in campo?

Coprire il ruolo di allenatore richiede molto impegno ma devo dire che mi inorgoglisce e diverte molto. Nonostante la mia poca esperienza (sono al secondo anno) cerco di gestire al meglio lo spogliatoio e prima di tutto i rapporti umani fra dirigenti, giocatori e sostenitori. Ovviamente il lavoro è facilitato dal far parte di un gruppo di persone legate non solo nell’aspetto sportivo. Posso però assicurare che non sempre è facile, il calcio è sempre passione ed è difficile snaturarlo. Quindi è giusto che, per esempio, i giocatori vogliano giocare tutte le partite o che la gente che viene a vederci, spesso numerosa, pretenda impegno e maglie sudate. Calcisticamente speriamo di migliorare i risultati ottenuti nei primi due anni, cercando di dimostrare che un modello di squadra fondato sugli ideali dello Spartak può essere un modello vincente.

I giocatori ci mettono il massimo impegno, cercando in alcuni casi di colmare anche dei gap tecnici e di esperienza con l’applicazione. Ovvio che anche per loro è una bella soddisfazione oltre che una grossa responsabilità rappresentare il “Mondo Spartak” sul terreno di gioco.

In chiusura di intervista mi sento di dedicare un pensiero ad un nostro amico che proprio in queste ore è stato arrestato per un fumogeno acceso al Via del mare. Un arresto assurdo che rappresenta quanta volontà ci sia nel reprimere e schiacciare ogni piccolo evento che stoni con lo stadio di automi tesserati voluto da FdO e poteri forti del calcio. Forza Patatina!