Il racconto di OM-PSG
Tra la città di Marsiglia e l'OM, l'Olympique Marsiglia, c'è un legame fortissimo. Lo slogan del club “Droit au But” (dritti al gol) lo trovi ovunque, nei bar e nei negozi. Tantissimi, marsigliesi da generazioni o migranti di origine nordafricana, indossano la tuta o la felpa della squadra biancoazzurra.
La corsa al titolo del campionato francese è molto aperta, sono in lizza il Psg di Ibrahimovic, il Lione, l'OM e il Monaco, e domenica sera si è giocato “le Classique” della Ligue 1: Om-Psg.
Si è trattato di una sfida decisiva per la corsa allo scudetto e soprattutto è la sfida tra il calcio dei petrodollari e delle stelle milionarie del Paris Saint Germain e il Marsiglia, guidato dal suo allenatore, “el loco” Bielsa. Il mister, per cui “difendere è un inconveniente” o al quale viene attribuito l'insegnamento di 26 modi diversi di battere le rimesse laterali, non poteva non conquistare Marsiglia, tanto che nei pressi dello stadio ci sono le immagini di “San Bielsa el loco” ed è partita dalla tifoseria la campagna “Bielsa no se va” per impedire che a fine stagione cambi panchina.
L'attesa per questa partita era molto alta: la città già dalla mattina, camminando per le vie del Panier e del Vieux Port, era un fiume azzurro ininterrotto. Dal lungomare si alzavano già i cori. Tutti i bar offrivano la diretta tv della partita, anche perché lo stadio era esaurito in ogni ordine di posto.
Uscendo dalla fermata della metropolitana Rond-Point du Prado, si arriva al Velodrome e l'atmosfera è subito calda: il grande viale dello stadio è invaso da tifosi, che bloccano il traffico con accensione di fumogeni e canti. C'è gente ovunque, anche in cima agli alberi. Si percepisce una leggera tensione per alcuni movimenti dei poliziotti antisommossa. A un certo punto viene lanciato anche un lacrimogeno, ma quasi non si nota.
Una volta entrato nel Virage Sud (la curva) del nuovo Velodrome, già ammodernato e ampliato in vista degli europei che si disputeranno in Francia l'anno prossimo, sembra di tornare indietro nel tempo, quando in Italia non c'erano la legge antiviolenza emanata dopo la morte dell'ispettore Raciti, né la tessera del tifoso.
Non ero più abituato al rullo dei tamburi, al tifo coordinato con l'impianto audio, all'esposizione di stendardi a due aste, all'accensione continua di torce e petardi. A Marsiglia c'è ancora il modello di tifo all'italiana con la presenza dei grandi gruppi organizzati: Commando Ultrà, South Winners nel Virage Sud e Yankee, Fanatics e Mtp nel Virage Nord.
L'importanza della partita e la presenza dei rivali storici parigini rende il Velodrome una bolgia già un'ora prima dell'inizio della partita. Il tifo parte da entrambe le curve e coinvolge anche gli altri settori. All'entrata in campo delle squadre, tutti i 65.000 spettatori presenti diventano parte di una straordinaria coreografia, che raffigura i simboli dell'OM e su un enorme striscione, lungo tre lati del campo, è scritto tutto il palmarés del club, unico in Francia ad aver vinto la Coppa Campioni.
L'OM spreca il vantaggio per 2-1 con cinque minuti di amnesia all'inizio del secondo tempo e l'autogol del 3-2 per il PSG ha gelato l'intero stadio, tranne il piccolo settore ospiti parigino.
Il risultato non cambierà più e ridimensiona le ambizioni di scudetto dell'OM.
Lo spettacolo vero è arrivato più dagli spalti che dal terreno di gioco, a dimostrazione che senza assurdi divieti e tessere del tifoso anche in Italia si potrebbe ancora respirare quell'atmosfera che le leggi antiviolenza e il calcio business dei diritti televisivi hanno portato via dai nostri stadi.