L’interesse mediatico nei confronti di Mario Balotelli è sempre stato particolarmente elevato. Lasciando da parte quello che attualmente occupa la prima pagina di molti giornali di gossip, vorrei tornare sulla ricostruzione della sua storia che è stata proposta da tutti i giornali soprattutto dopo i due gol realizzati contro la Germania.
La versione “ufficiale” è che sia stato abbandonato dai suoi genitori naturali (i Barwuah) e affidato (ma qualcuno ancora scrive “adottato”) ad una famiglia della provincia di Brescia (i Balotelli). In realtà, i due episodi non hanno una connessione diretta e temporalmente significativa. Infatti, Mario non è mai stato abbandonato in un ospedale di Palermo, dove è nato nel dicembre 1990 da due genitori ghanesi. Se fosse stato abbandonato, sarebbe stato dato immediatamente in affidamento, ovviamente ad una famiglia palermitana (perché anche a Palermo ci sono famiglie affidatarie!).
Invece – come ha ben ricostruito Raffaele Panizza in “Mario Balotelli. Negrazzurro” (Aliberti, 2010) - l’affidamento è stato riconosciuto solo successivamente, quando la famiglia Barwuah, con al seguito Mario e la sorellina più grande di due anni, da Palermo si è trasferita a Brescia (nel dicembre 1991), dove il padre, Thomas, era riuscito ad ottenere un lavoro in fabbrica. Qui però la famiglia Barwuah, come molte altre famiglie migranti, incontra difficoltà a trovare un’abitazione adeguata, perché al nord i migranti in genere trovano lavoro ma non la casa. Difficoltà rese ancor più ardue per i migranti non soltanto per una diffusa diffidenza nei loro confronti, ma perché le istituzioni sono particolarmente attente a far rispettare quella regola sul rapporto tra numero di affittuari e metri quadrati dell’abitazione.
L’unica possibilità che i Barwuah riescono ad ottenere, anche per i costi dell’affitto e le scarse riscorse economiche, è quella di condividere un monolocale a Bagnolo Mella, a 15 km da Brescia, con altre persone. I genitori Barwuah chiedono ai servizi sociali di aiutarli a trovare un’abitazione più adeguata. La soluzione però non si trova. Sono gli stessi assistenti sociali a consigliare, nel 1993 (anno della nascita del terzo figlio), di affidare Mario alla famiglia Balotelli, “per il tempo necessario a risolvere il problema”. Questo tempo si prolungherà per i successivi quindici anni. Se per tutti questi anni il giudice ha ritenuto di confermare l’affidamento e non l’adozione, è perché ha ravvisato l’esistenza di un significativo legame tra Mario e la famiglia d’origine.
Mario è stato adottato dalla famiglia Balotelli dopo essere diventato maggiorenne (e d’altra parte, già da alcuni anni – quindi prima di essere adottato - aveva deciso di far scrivere sulla maglia di gioco il nome di Balotelli e non quello di Barwuah, come invece risultava nei suoi documenti). E’ giusto che sia Mario a scegliere quale sia la sua “vera” famiglia. Ma alla stampa si richiede una maggiore attenzione alla verità. Forse perché è più facile “accusare” una famiglia ghanese di abbandono che non riflettere sui modelli di integrazione che abbiamo in Italia?