Di Mauro Valeri
L’ultima uscita di Arrigo Sacchi sembra confermare che, nell’ambiente calcistico “che conta”, al peggio non c’è limite. Due le stupidate dette dal Mister. La prima è la convinzione che “troppi” calciatori stranieri impegnati nei campionati italiani, finiscano per indebolire il “calcio italiano” e, in particolare, la Nazionale.
E’ una convinzione che storicamente non ha mai trovato grandi riscontri, neanche statistici. Anzi. In molti hanno ritenuto che proprio la presenza di calciatori stranieri abbia elevato il livello del calcio italiano. Quello che Sacchi non sa è che già esistono norme, anche abbastanza rigide, che limitano la presenza in campo dei cosiddetti extracomunitari nel calcio italiano (e che finiscono per discriminare anche i figli dei migranti con cittadinanza di Paesi terzi). Se poi parliamo dei comunitari, allora qualcuno dovrebbe ricordare a Sacchi la vicenda di Bosman.
La seconda stupidata, assai più grave, è la sua critica al fatto che nei vivai giovanili vi siano troppi calciatori “di colore”. Anche se qualcuno ha interpretato che con quel “di colore” volesse intendere invece “stranieri”, noi pensiamo che invece avesse proprio voluto dire “neri”. Sacchi è ancora convinto, così come lo erano i teorici del razzismo fisico, che i neri abbiano una struttura fisica e muscolare diversa dai bianchi, gettando nel cestino decenni di studi .
Riecheggia nelle sue parole il vecchio leitmotiv razzista: i neri sono forti fisicamente, ma deboli mentalmente. Certo, Sacchi dice di non essere un razzista, ed elenca un curriculum professionale che, secondo lui, lo dovrebbe rendere immune da qualsiasi critica. Ma questo è un vecchio giochetto, perché, stando alle parole di Sacchi, basterebbe far giocare un “nero” per essere un antirazzista.
E’ un ragionamento forse che valeva nei sistemi di apartheid, e nella storia del calcio italiano qualche tifoseria ha anche provato a imporre questa “purezza della razza” calcistica, impedendo l’acquisto di calciatori neri. Ma siamo davvero nel mondo che fu, fatto di rigurgiti di idiozia razzista.
Ciò che invece Sacchi non contempla è che possano esistere calciatori neri italiani, come ad esempio Balotelli, Okaka o Ogbonna (tanto per rimanere in quelli più noti), che, sempre secondo il Mister, non avrebbero dovuti essere inclusi nei programmi calcistici giovanili. Insomma, anche Sacchi si iscrive a pieno titolo, anche se probabilmente a sua insaputa, tra i tanti vivaisti nazionalisti e razzisti (della serie “non esistono neri italiani”), che abbondano nelle istituzioni sportive italiane.
Quello che possiamo consigliare a Sacchi è di provare a sedersi con più frequenza sulla panchina, non di qualche squadra blasonata, ma di un parco pubblico, non per diffondere il suo pensiero (che sarebbe deleterio), ma per vedere com’è cambiato il mondo dai “suoi” tempi. E vedrebbe bambini italiani e stranieri, bianchi e neri, giocare a calcio senza preoccuparsi troppo delle elucubrazioni nazionalistiche o razziste. Sarebbe una lezione sicuramente salutare anche per uno che “ci capisce di calcio” come lui.