Radu, giocatore della Lazio, fa il saluto fascisita sotto la Nord

Il calcio senza pubblico non è calcio. Questo lo chiariamo subito.

In questi giorni in Brasile è aspra la polemica per la decisione della federazione continentale di escludere la presenza di pubblico nelle partite casalinghe del Corinthians nel massimo torneo latino americano: la Copa Libertadores. Ricordiamo la vicenda del giovane Kevin Espada morto colpito da un razzo sparato dal settore occupato dalla Torcida. Come già detto, una vicenda che ci riporta amaramente alla la tragedia di Paparelli nel derby romano del 28 ottobre 1979.

Anche in Brasile manifestazioni di cordoglio, non solo dal mondo del calcio, per il giovane Kevin e la sua famiglia. Ma poi, come abbiamo appunto raccontato, la dirigenza del Timao, così affettuosamente chiamato dai suoi tifosi il club campione del mondo, sta facendo di tutto per farsi togliere questa sanzione. Intanto la partita con i Millionarios l'hanno giocate a spalti deserti. Per le prossime stanno facendo di tutto per fare sì che la federazione faccia un passo indietro.

In Italia la società sportiva Lazio ha ricevuto dall'UEFA una multa pecuniaria e l'obbligo di porte chiuse nelle prossime due partite di competizioni europee.

Questo perché durante il match contro il Borussia di qualche settimane fa trecento braccia tese hanno fatto bella mostra di sé in curva Nord dell'Olimpico. Proprio un bello spettacolo.

Anche in questo caso la SS Lazio ha dato mandato ai propri legali di provvedere ad un immediato ricorso alla decisione. Anche qui ci sono di mezzo soldi, potenziali incassi e così via.

Mi ripeto, il calcio senza pubblico non è calcio.

Ma una volta, però, non sarebbe il caso che dal calcio, da chi ne è protagonista, arrivasse, una volta tanto, non dico una ammissione di responsabilità, ma un prezioso silenzio, che in certi casi non farebbe mai male.