Sembrano lontani i giorni dell'entusiasmo e della felicità dei brasiliani per avere ottenuto l'assegnazione del Mondiale. Il 14 novembre 2007, Socrates, nella sua rubrica settimanale su la Folha de Sao Paulo, scriveva il suo pensiero su questo fatto così importante.

Leggerlo oggi, con la consapevolezza di quanto sta accadendo attorno a questo Mondiale che sta per cominciare è particolarmente significativo e suona in certi versi premonitore. Un documento molto importante vista la cifra del personaggio in questione.

Come in quelle precedenti anche in questa quarta ed ultima puntata di BrasilS, giovedì 17 aprile ore 21 in diretta su www.sherwood.it e sul nostro sito, sarà Valerio Mastandrea a dare voce ai pensieri del "dotoure".

 

 

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Il 12 e 13 aprile si terrà a São Paulo, a quattro mesi dalla prima edizione del dicembre scorso, la seconda Copa Rebelde, un atto politico che intende opporsi al mondiale, con l’organizzazione orizzontale e autogestita di un torneo di calcio, affiancato da altre attività culturali e da dibattiti. Denunciando le violazioni di diritti e gli alti costi, anche umani, che il Mondiale ha comportato, con la Copa Rebelde ci si vuole riappropriare degli spazi urbani, da cui gli abitanti si vedono sfrattati e di una passione popolare inaccessibile ai più, considerando anche l’elevato prezzo dei biglietti delle partite giocate allo stadio.

Ne abbiamo parlato con Raphael Piva, giocatore nella squadra di calcio dilettantistica Autônomos FC di São Paulo, fondata nel 2006 da diverse realtà sociali di movimento e che come le nostre polisportive popolari, si batte contro fascismo, razzismo e discriminazioni. Raphael, laureato in scienze sociali e studioso del rapporto tra sport e politica, venne l’anno scorso ai mondiali antirazzisti di Castelfranco Emilia. Recentemente impegnato assieme ad altre realtà di movimento nella contestazione al mondiale della Fifa, ha tratto ispirazione dai mondiali emiliani per lanciare l’idea di un contro-mondiale, la Copa Rebelde appunto. 

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Ancora un morto in un cantiere mondiale. E’ accaduto a Sao Paulo, dove si corre per cercare di consegnare in tempo lo stadio per il Mondiale. Il 12 giugno si dovrebbe disputare BrasileCroazia nella nuova Arena, ormai si chiamano tutte così, che sarà poi la casa del Corinthians.

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Andando oltre i pronostici sportivi, c’è qualcuno che i Mondiali brasiliani del 2014 li ha già vinti. È Oderbrecht, uno dei maggiori colossi industriali del mondo, nome tedesco (del suo fondatore-profeta), ma cuore e sede legale in Brasile, a Salvador, dal 1944. L’arrivo dalla Germania della famiglia Oderbrecht è inizio di un’avventura economica senza precedenti. Questo grazie a ingenti aiutini di Stato, soprattutto se si guarda all’ultimo decennio. E se Oderbrecht è stato ed è tuttora Indiana Jones, Inacio Lula Da Silva è stata la sua frusta.

 

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Anche Socrates aveva un suo undici ideale, la sua formazione tipo. Il compito di dare voce alle parole del grande campione brasiliano è come sempre di Valerio Mastandrea. Un undici davvero particolare, quello di Socrates, che sancisce il fatto che anche il pallone non è nulla senza passione e poesia. E non può che iniziare così la terza puntata di BrasilS. Ci occuperemo infatti di quelli che sono i veri beneficiari nell’organizzazione dei due grandi eventi sportivi planetari: aziende e politici. Detto nella scorsa puntata del legame tra i dirigenti brasiliani e il regime militare, in questa, grazie al contributo di Fùtbologia, scopriamo che quella brasiliana non è una eccezione, ma una triste regola: riciclarsi nello sport dopo avere ricoperto ruoli di potere in regimi sanguinari. E ancora grazie al contributo di Luca Di Meo Wu Ming 3 e Chrstiano Xho Presutti un ironico ritratto di Sepp Blatter.

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In queste righe non vogliamo tornare sulle proteste che ancora  stanno avvenendo in questi giorni ma piuttosto scoprire se c’è un legame tra quanto accade adesso e quanto succedeva negli anni bui del regime militare (1960-1984). E’ l’operazione che abbiamo fatto nella seconda puntata di BrasilS, quella di sforzarci di capire se c’è un nesso tra le proteste di ieri e quelle di oggi. Abbiamo scoperto che un legame c’è eccome e che il pallone c’entra sempre. Questa storia è solo di una di quelle che avremmo potuto scegliere. Ma forse la più emblematica.

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