A cura di Mauro Valeri
Il recente episodio accaduto in seconda categoria, come troppo spesso accade, è riuscito a guadagnarsi una qualche attenzione solo per il coraggioso quanto eclatante gesto messo in atto dalla società giovanile Rimini. Ovvero, la “minaccia” di ritirare la squadra dal campionato per i continui insulti razzisti che ricevono i giocatori. Nulla di nuovo, anche nell’atteggiamento del presidente del Comitato provinciale della Figc di Rimini, che non solo ha minimizzato l’accaduto ma ha anche avanzato illazioni che quello del razzismo sia una semplice scusa per nascondere altri problemi.
In realtà, il problema non riguarda soltanto le cosiddette “categorie minori”, ma anche i campionati pro dove ha raggiunto livelli da vero e proprio allarme. A dirlo sono le stesse sentenze emesse dal giudice sportivo e raccolte dall’Osservatorio sul razzismo nel calcio. Con l’ultimo episodio registrato nella partita di seconda divisione Santarcangelo-Lecco, che ha visto i tifosi del Lecco “intonare reiteratamente cori offensivi e inneggianti alla discriminazione razziale nei confronti di un calciatore di colore del Santarcangelo in occasione delle sue giocate” siamo a 44 episodi. Se si tiene conto che negli ultimi dieci anni la media stagionale è di 50 episodi (già di per sé piuttosto elevata), c’è da dire che quello attuale potrebbe essere uno dei campionati “più razzisti” degli ultimi tempi.
Dopo diverse stagioni, al primo posto troviamo gli episodi registrati in serie A (ben 19), seguiti da quelli di serie B (10). Quindi, siamo di fronte ad un razzismo che riguarda le categorie maggiori, senza che questo però abbia sollevato alcun serio dibattito sul problema. Forse perché dimostrerebbe che le misure antiviolenza proposte negli ultimi anni non hanno avuto alcun effetto sul fenomeno della discriminazione razziale?
A dimostrazione che la situazione sia da vero allarme ci sono le ultime sentenze dei giudici sportivi. In serie B, il Verona, dopo la partita contro il Torino, ha rimediato 40.000 euro di multa (con diffida, per via della “recidiva reiterata e specifica”: siamo al terzo episodio relativo alla discriminazione razziale attribuito al Verona). Nonostante siano diverse le società che potrebbero vantare una certa recidiva, solo ora il giudice sportivo ha deciso di applicarla, forse perché consapevole che la situazione sta per sfuggire di mano. Anche perché finora i giudici sportivi di serie A e B hanno sempre riconosciuto l’attenuante (ex art.13 del CGS), “per avere la Società concretamente operato con le forze dell’ordine a fini preventivi e di vigilanza”.
Curiosamente, l’eventuale attività contro il razzismo messo in atto dalla Società (così come invocata dallo stesso presidente del Verona) non è mai presa in considerazione, obbligando ad interpretare il contrasto al razzismo soltanto in termini di collaborazione con le forze dell’ordine e non di valorizzazione di una vera cultura sportiva.
L’altra novità è il riconoscimento della recidiva anche al Lecco (seconda divisione), una new entry in questa stagione, che in due gare – contro il Montichiari e contro il Santarcangelo – ha rimediato due ammende di quasi 12.000 euro. Sarebbe forse interessante capire cosa stia accadendo a Lecco, per questa improvvisa recrudescenza.
La tifoseria che resta saldamente al primo posto di questa classifica degli orrori è ancora la Lazio (6 episodi), seguita a “parimerito” da quelle della Juventus e del Padova (4), per le quali però la recidiva non è stata mai prevista (e non si sa bene il perché).
Infine un ulteriore dato: la somma delle ammende alle Società per la loro responsabilità oggettiva per i soli episodi di discriminazione razziale è stimabile intorno ai 241.000 euro, sul cui riutilizzo da anni avanziamo una semplice proposta: finanziare attività contro il razzismo nel calcio. Ma da questo orecchio (e in parte anche dall’altro) le istituzioni del calcio sembrano proprio non volerci sentire.