Tocca, ancora, segnalare un paio di occasioni perse dalla maggiore Federazione sportiva italiana, la F.I.G.C., per adeguarsi alle decisioni giudiziali, ampiamente analizzate nei precedenti articoli (http://www.meltingpot.org/archivio1148.html), che l’hanno vista spesso soccombere in tema di regole discriminatorie nell’accesso alla pratica sportiva. Nel primo caso, in realtà, la Federazione si adegua a quanto già giudizialmente sancito, ma lo fa scegliendo “una soluzione all’italiana”. Nel secondo caso, recentissimo, entriamo nel mondo del calcio a cinque dove si è riusciti a dar vita ad una regolamentazione che riesce a creare discriminazioni “fino al paradosso”.
“Una soluzione all’italiana”
Nei precedenti articoli è stata ampiamente richiamata ed analizzata l’ordinanza del Tribunale di Lodi del 13 maggio 2010 (http://www.meltingpot.org/articolo15547.html) relativa al “caso Kolou” la quale, in estrema sintesi, accertava e dichiarava “il carattere discriminatorio del comportamento tenuto dalla F.I.G.C. e consistente nell’aver previsto, tra i requisiti per il tesseramento dei calciatori all’art. 40, comma 11 N.O.I.F., il possesso di titolo di soggiorno valido almeno fino al termine della stagione sportiva corrente”.
A seguito di tale ordinanza, estremamente chiara e basata su solidissime argomentazioni giuridiche e logiche, ci si auspicava che la Federazione prendesse atto del carattere discriminatorio dell’art. 40 N.O.I.F. (non solo per il requisito temporale del permesso di soggiorno) e lo modificasse.
Sarebbe stata la soluzione migliore: riconoscere l’errore e porvi rimedio.
Invece la F.I.G.C. cerca, ovviamente, di evitare di essere ancora chiamata in causa per simili questioni (con conseguenti sconfitte giudiziali) senza, però, ammettere il carattere discriminatorio della norma in questione, e la necessità di una sua modifica, con ciò rimanendo ferma sulle (fallaci) posizioni espresse in corso di causa nel 2010.
Ecco, quindi, la soluzione “all’italiana”!
Nel Comunicato Ufficiale n. 26/A del 19 luglio 2012 (http://www.meltingpot.org/IMG/pdf/comunicato_ufficiale_26A_Consiglio_Federale.pdf) il Consiglio Federale, partendo da premesse quantomeno “singolari”, delibera che “per la stagione 2012-2013, ai fini del tesseramento dei calciatori extracomunitari di cui ai commi 11 e 11 bis dell’art. 40 delle N.O.I.F., in parziale deroga alle medesime disposizioni sarà sufficiente presentare, oltre alla ulteriore documentazione prevista, il permesso di soggiorno con scadenza al 31 gennaio 2013”.
In sostanza si elimina il requisito temporale di validità del permesso di soggiorno senza però modificare la norma, ma solo parzialmente derogandola! Il problema viene eliminato senza essere realmente affrontato. Ma tale scelta comporta la necessità di affidarsi a premesse che lasciano davvero perplessi (“tenuto conto che l’attività agonistica dilettantistica al 31 marzo 2013 è già avviata alla sua fase conclusiva”) e che danno la misura di quali siano i reali motivi alla base della delibera del Consiglio Federale.
“Fino al paradosso”
Una recente decisione della Corte di Giustizia Federale ci da l’occasione di mettere in evidenza l’ennesima norma di carattere discriminatorio presente nelle carte federali della F.I.G.C., in particolare della Lega Nazionale Dilettanti-Divisione Calcio a Cinque. Una norma che riesce nella poco invidiabile impresa di riuscire a discriminare finanche un cittadino italiano.
Si tratta di una regola presente nel Comunicato Ufficiale n.001 della Divisione Calcio a Cinque (pagg. 10-11) dove, in merito al Campionato nazionale di serie B (regole simili valgono per le altre serie), si stabilisce che “Nelle stesse gare è fatto obbligo alle Società di impiegare almeno numero 3 calciatori nati successivamente al 31 Dicembre 1990, di cui almeno due italiani, nati e residenti in Italia, che abbiano ottenuto il primo tesseramento in Italia, regolarmente tesserati per la stagione sportiva 2012/2013 alla data del 4 febbraio 2013, e/o con decorrenza del tesseramento precedente al 5 Febbraio 2013, fatto salvo lo specifico Regolamento per la Coppa Italia”.
Una di quelle tante regole discriminatorie che nel tentativo di perseguire il “totem” della salvaguardia di qualcosa, alcuni parlano di vivai nostrani altri di patrimonio sportivo nazionale, crea unicamente inutili discriminazioni, ma questa volta c’è addirittura qualcosa in più.
Tutto comincia quando, sulla base della regola sopra evidenziata, viene presentato un reclamo volto ad ottenere la vincita a tavolino di una partita.
Il Giudice Sportivo decide sulla questione così come riportato nel Comunicato Ufficiale n.154 della Divisione Calcio a Cinque del 31 ottobre 2012 (pagg. 2-3) e cioè:
“Il Giudice Sportivo, dott. Renato Giuffrida, nella seduta del 22.10.2012, ha adottato le decisioni che di seguito integralmente si riportano:
RECLAMO
GARA DEL 20/10/2012: VIAGRANDE CALCIO A5 SRL. – LIBERTAS SCANZANO
Reclamo preposto dalla società VIAGRANDE CALCIO A5 SRL avverso l'esito della gara VIAGRANDE CALCIO A5 SRL - LIBERTAS SCANZANO
Il Giudice Sportivo,
esaminato il reclamo in oggetto regolarmente prodotto nei termini
osserva:
con il gravame in esame la ricorrente chiede che in danno della convenuta sia comminata la punizione sportiva della perdita della gara prevista dall’art.17 co.5,lett.a del C.G.S., per non aver provveduto a schierare nell’incontro in oggetto un numero di calciatori conforme alle specifiche disposizioni contemplate dal C.U. N.1/2012, relativamente al Campionato Nazionale di Serie B.
In particolare è fatto obbligo alle società recita il predetto comunicato di impiegare nelle gare di pertinenza almeno tre calciatori nati succesivamemte al 31/12/1990,di cui almeno 2 italiani, nati e residenti in Italia, che abbiano ottenuto il primo tesseramento in Italia.
Dalla distinta dei giocatori della Libertas Scanzano presentata all’arbitro, dei tre calciatori nati successivamente al 31.12.199, solo uno risulta essere italiano, nella fattispecie Paradiso Emanuele nato a Taranto il 8.06.1992, mentre gli altri due calciatori nati successivamente al 31.12.1990 risultano essere brasiliani, più precisamente Prando Taibi Moises nato il 2.07.1991 a Sananduva(Brasile), e Tamburrano Lidiomar Matteo nato il 10.04.1992 a Belo Horizonte (Brasile). Ne consegue pertanto che risulta disattesa la normativa dianzi citata.
P.Q.M.
Visti l’art..17 co.5, lett.a del C.G.S., e a scioglimento della riserva di cui al C.U. n.133 del 24.10.2012,
decide:
a)di accogliere il ricorso comminando alla società Libertas Scanzano la punizione sportiva della perdita della gara con il punteggio di 0-6;
b)di non addebitare alla ricorrente la relativa tassa di reclamo”.
Sembrerebbe, come detto, di trovarsi di fronte alla “solita” norma discriminatrice e certo di ciò si tratta, ma in questo caso si arriva al paradosso in quanto uno dei due ragazzi nati in Brasile ha cittadinanza italiana!
La decisione del Giudice Sportivo viene appellata di fronte alla Corte di Giustizia Federale che, non senza nascondere l’imbarazzo per la piega che prende la vicenda, non fa che confermare quanto deciso dal Giudice Sportivo. Vale davvero la pena di leggere accuratamente tutto il ragionamento svolto dalla Corte Federale nel Comunicato Ufficiale n.099 della Corte di Giustizia Federale - IV sez.- del 21 novembre 2012:
“1. RICORSO A.S.D. LIBERTAS SCANZANO AVVERSO DECISIONI MERITO GARA
VIAGRANDE/LIBERTAS SCANZANO DEL 20.10.2012 (Delibera del Giudice Sportivo presso
la Divisione Calcio a Cinque - Com. Uff. n. 154 del 31.10.2012)
Deliberando su di un ricorso avanzato dall'A.S.D. Viagrande Calcio a 5 la quale lamentava come l'incontro Viagrande/Libertas Scanzano, disputato il 20.10.2012 per il Campionato di Serie B del Calcio a 5, fosse viziato dall'avvenuto impiego, nelle fila dell'avversaria, del calciatoreTamburrano Lidomar Matteo, cittadino italiano, ma nato il 10.4.1992 in Brasile, in posizione irregolare in quanto utilizzato in violazione del disposto di cui al Com. Uff. n. 1 del 3.7.2012 della Divisione Calcio a 5 che imponeva, pena la punizione sportiva di cui all'art.17, comma 5 C.G.S., alle società partecipanti al Campionato in parola di schierare in ogni gara almeno 3 calciatori ''nati successivamente al 31.12.1990, di cui almeno due italiani, nati e residenti in Italia ed ivi tesserati per la prima volta'', il competente Giudice Sportivo con provvedimento pubblicato sul Com. Uff. n.
154 del 31.10.2012, infliggeva all'A.S.D. Libertas Scanzano la punizione sportiva della perdita della gara contestata.
Per avversare la suddetta pronuncia si è rivolta a questa Corte il sodalizio perseguito rappresentando che il Tamburrano, ancorchè nato in Brasile, era a tutti gli effetti cittadino italianoperchè regolarmente adottato sin dal 13.1.1998 dai coniugi Tamburrano come da provvedimentoemesso dal Tribunale di Potenza, contestando, quindi, la natura discriminatoria della normaapplicata contrastante, a suo avviso, sia con altre norme, e segnatamente con l'art.40, comma 11 bis N.O.I.F., dei regolamenti federali, sia con i principi generali dell'ordinamento statale; ha chiesto,pertanto l'annullamento della delibera impugnata.
A tale richiesta si è opposta, nelle proprie controdeduzioni, l'A.S.D. Viagrande per la quale le argomentazioni svolte nei motivi di gravame dovevano giudicarsi fuorvianti ed estranee alla problematica in esame.
L'appello non può essere accolto.
Ai sensi dell'art 33,6° comma dello Statuto, il perimetro di cognizione nell'attività degli organi di giustizia sportiva è circoscritto alle condotte concernenti le norme ed i regolamenti federali; in questa ottica tutte le elaborate considerazioni, anche se pregevoli, avanzate dalla reclamante non possono trovare ingresso perchè, nella sostanza, mirano alla disapplicazione di una chiara ed univoca disposizione della competente Divisione quale scelta di natura politica e gestionale che esula da ogni possibilità di sindacato in questa sede, disposizione resa regolarmente pubblica e quindi nota ai soggetti che ne sono destinatari.
Il resto si rivela solo sterile accademia che non può produrre il risultato invocato.
Questo collegio, tuttavia, non può esimersi dall'evidenziare che il richiesto requisito della nascita in territorio italiano, a differenza di tutti gli altri (età, cittadinanza, residenza e primo tesseramento) diretti a perseguire evidenti obiettivi di tutela del patrimonio sportivo nazionale, si presenti con particolari limiti di possibilismo ed aleatorietà che ne riducono l'incidenza e forse dovrebbero giustificare una rivisitazione normativa.
Per questi motivi la C.G.F. respinge il ricorso come sopra proposto dall’A.S.D. Libertas Scanzano di Scanzano Ionico (Matera).
Dispone addebitarsi la tassa reclamo”.
Risulta quasi imbarazzante commentare una situazione di questo tipo. La norma ha un chiaro carattere discriminatorio nel momento in cui rende più difficoltosa la possibilità di accesso all’attività sportiva per determinati soggetti in ragione della loro nazionalità ma ciò che la rende, tristemente, unica è il suo essere discriminatoria anche con riguardo al luogo di nascita, così da arrivare al paradosso di discriminare un cittadino italiano.
Tale norma non può, ovviamente, sussistere all’interno del nostro ordinamento giuridico e poco conta il ragionamento della Corte Federale circa una distinzione tra regolamenti sportivi e norme dell’ordinamento statale. L’ordinamento sportivo e la giustizia sportiva hanno una propria autonomia ma non sono indipendenti dall’ordinamento statale, ed ai principi costituzionali non si possono in alcun modo sottrarre.
Così mentre nella società civile è grande e trasversale la richiesta della concessione della cittadinanza a tutti i nati in Italia, mentre si ragiona sul caso Balotelli e sulla necessità di rendere più agevole la possibilità di accesso allo sport per ragazzi nati e cresciuti in Italia ma privi della cittadinanza, mentre si inizia a ragionare su cosa davvero significa tutelare i vivai italiani volgendo lo sguardo all’esperienza tedesca, ecco che dalla F.I.G.C. arriva una norma talmente fuori dal tempo da riuscire a discriminare addirittura chi vorrebbe tutelare.