I riflettori della cronaca si sono accesi , da qualche giorno , sulla vicenda di una piccola e promettente nuotatrice della società nuoto “ il Gabbiano” di Campodaresego (Pd). Nata e cresciuta in Italia da genitori tunisini, si è vista negare la possibilità di tesserarsi e continuare a praticare il proprio sport: il nuoto sincronizzato. Nel passaggio dalla categoria amatoriale all’agonismo è intervenuto infatti uno stop che i giornali descrivono come burocratico, ma i cui significati sono prettamente politici. “Non è cittadina Italiana” afferma la Federnuoto, “dunque non possiamo tesserarla”.

<p><span style="font-family: verdana, geneva; font-size: 12pt;">E’ un caso limite vista la giovane età dell’atleta italo-tunisina che compirà 10 anni a Novembre. Immagino la difficoltà di un padre o di una madre nel provare a spiegare alla propria figlia un impianto legislativo che sinteticamente recita : "non puoi giocare, sei tunisina!”. Immagino la difficoltà di una bimba nell’accogliere la notizia. Dieci anni sono davvero pochi per cominciare ad affrontare il tema delle discriminazioni, questo l’hanno capito tutti . Non a caso la notizia occupa da giorni le prime pagine dei giornali, non a caso la Federnuoto si è affrettata a comunicare che dal prossimo anno “Anche gli atleti non italiani, ma residenti potranno partecipare alle gare”.

 

Purtroppo al momento questa non è che una promessa .Galleggia assieme ad altre centinaia di promesse lanciate per difendersi dalla pressione mediatica e mantenute in aria solo fino a che i riflettori rimangono accesi e puntati sul caso. Promesse...al posto di progetti, modifiche, riforme necessarie.

 

Non stiamo infatti parlando di un caso isolato. Sono migliaia gli atleti che ogni anno si vedono negare il permesso di praticare discipline sportive per problemi legati al tema delle migrazioni e della cittadinanza. L’ attuale legge sulla cittadinanza è impostata sullo “jus sanguinis”; è cioè cittadino Italiano chi ha sangue italiano che scorre nelle vene . A questo criterio si ispirano pure le legislazioni sportive e le limitazioni da esse contenute per impedire ai non-italiani la pratica sia dilettantistiche che professionistica!(per informazioni specifiche rinvio all’appello “Gioco anch’io” ed alla rubrica “Melting sport”).

 </p> <p style="margin-bottom: 0cm;">Ma quelli che sulla carta sono numeri, leggi , comma, nella realtà divengono storie di esclusione, razzismo, discriminazione che evidenziano fondamentalmente una cosa. Come le istituzioni politiche così pure quelle sportive non sembrano in grado di interpretare i profondi mutamenti che attraversano da decenni la nostra società. E questo non stupisce se si considera che il CONI c’ha messo 57 anni a modificare il suo obiettivo formale ossia : “il perfezionamento della razza con particolar riguardo al miglioramento fisico e morale”. Norma Istituita nel 1942 , anno di fondazione, dal regime fascista e modificata in termini solo nel 1999.

 

Stupisce invece in positivo il moltiplicarsi di polisportive, palestre, manifestazioni, realtà che interpretano e praticano uno sport “altro”, accessibile a tutti senza requisiti ne pre-condizioni. E’ l'inequivocabile segno di un cambiamento in atto, che nessuno si può permettere di ignorare. E se anche uno come Luca Zaia afferma : “la vicenda della nuotatrice padovana offre la necessità di un dibattito sul diritto di cittadinanza […] è una questione di giustizia verso chi per età, scolarità, cultura, pratica sportiva, è di fatto già cittadino italiano in tutto e per tutto ...” significa forse che i tempi sono maturi per un cambiamento reale.

 

Accanto alla nuotatrice di Campodarsego ed a tutti gli atleti che come lei subiscono discriminazioni legate all’etnia, alla provenienza, al colore della pelle. Per l ‘universale accessibilità allo sport come pratica indispensabile a livello fisico, psichico, culturale, sociale. Contro ogni razzismo dallo sport, alla società.YOU CAN SWIM!