Sono cresciuto tra la curva dello stadio e il centro sociale occupato di Cosenza. Non amo varcare spesso la catena del Pollino che delimita a nord il territorio calabrese. Preferisco scendere a sud. Da tempo quindi non vedevo da vicino gli spazi autogestiti delle altre città. Nell’ultimo anno però m’è capitato di andare in giro per i luoghi liberati del Paese chiamato Italia. Compagne e compagni di differenti aree geografiche e politiche mi hanno invitato a presentare un mio romanzo. E sono rimasto piacevolmente sorpreso. C’è una differenza notevole tra i centri sociali del presente e quelli degli anni novanta: oggi sono radicatissimi nei quartieri, promuovono attività che coinvolgono persone di differenti età e provenienza, rappresentano concreti punti di riferimento per gli abitanti delle periferie, e non solo. In una battuta: sono concreti! Ambulatori di quartiere, sportelli di ascolto, doposcuola e corsi per imparare diverse arti trovano spazio e sostanza umana al loro interno.