di Davide Drago
Nuovo campionato di calcio, vecchi problemi. Sono bastate “soltanto” due giornate per iniziare nuovamente a parlare del problema razzismo negli stadi italiani.
Ancora una volta succede a Cagliari. Cori e versi chiaramente razzisti erano stati segnalati anche nella scorsa stagione, nei confronti dello juventino Moise Kean che aveva poi guardato con aria di sfida gli autori del gesto. Questa volta è avvenuto durante la partita tra Cagliari e Inter.
Durante il calcio di rigore battuto dall’attaccante Romelu Lukaku si sono sentiti dei “buu” provenire dalla curva rossoblu, tanto che l’attaccante belga ha poi esultato rivolgendosi con fare di sfida verso i tifosi rossoblu. Le immagini e l’audio dei cori hanno immediatamente fatto il giro del web, avendo ampio risalto soprattutto sulla stampa inglese.
Il giorno dopo la partita, Lukaku ha condiviso su Instagram un messaggio sui fatti di Cagliari. Ha scritto:«Molti giocatori nell’ultimo mese hanno ricevuto insulti razzisti. A me è successo ieri. Il calcio è un gioco di tutti e non dovremmo accettare nessuna forma di discriminazione che possa far vergognare il nostro gioco. Spero che le federazioni calcistiche di tutto il mondo reagiscano fermamente a tutti i casi di discriminazione. Anche i social network, così come i club, devono trovare il modo di gestire meglio le loro piattaforme, dato che i commenti razzisti sono ovunque. Lo stiamo dicendo da anni e ancora nessuna azione. È il 2019 e invece di andare avanti regrediamo. Credo che come giocatori dovremmo unirci e prendere una posizione forte su questi temi per tenere il calcio pulito e aperto a tutti».
Dopo la dichiarazione del giocatore dell'Inter è iniziata l'ormai classico teatrino, con accuse, paragoni e vari distinguo.
Il primo ad intervenire nel dopo partita è stato l’allenatore dell’Inter, Conte, che avendo avuto un passato da manager del Chelsea ha sottolineato proprio le differenze fra l’Italia e la Premier. «Non ho sentito i cori. Posso parlare comunque in generale: penso che dobbiamo migliorare in Italia e rispettare tutti. Quando lavoravo all’estero, i tifosi applaudivano la propria squadra, non passavano tutto il tempo a insultare l’avversario. Comunque io sono stato accolto bene qui, nessuno mi ha insultato».
Sulla sponda cagliaritana è intervenuto il presidente Giulini. La soluzione, per il numero uno rossoblu, per evitare che certi episodi non si ripetano più non è quella di chiudere le curve e punire la stragrande maggioranza di persone che amano il calcio, ma bisogna individuare i singoli individui, grazie anche all'aiuto di steward e telecamere.
La ciliegina sulla torta arriva però da un comunicato della curva nord dell'Inter.
«In Italia usiamo certi “modi” solo per “aiutare la squadra” e cercare di rendere nervosi gli avversari non per razzismo ma per farli sbagliare. Non siamo razzisti allo stesso modo in cui non lo sono i tifosi del Cagliari». Quei cori, quindi, secondo gli ultras dell'Inter dovrebbero essere letti quasi come una medaglia al merito: «Ti preghiamo di vivere questo atteggiamento dei tifosi italiani come una forma di rispetto per il fatto che temono i gol che potresti fargli non perché ti odiano o son razzisti. Il razzismo è una cosa completamente differente e tutti i tifosi italiani lo sanno bene». Le parole di Lukaku, e tutto il dibattito che hanno innescato come era ovvio immaginare, sono state indicate dalla curva nord come poco costruttive per sostenere le tifoserie italiane: «Quando dichiari che il razzismo è un problema che va combattuto in Italia, non fai altro che incentivare la repressione di tutti i tifosi inclusi i tuoi e contribuisci a sollevare un problema che qui non c’è o quantomeno non viene percepito come in altri stati».
Il vero problema è che le parole degli ultras della curva nord dell'Inter non hanno fatto altro che dare adito a tutte quelle persone che pensano che il razzismo in Italia nasca e si diffonda soltanto all'interno degli stadi. Un clamoroso autogol da parte della curva nerazzurra che avrebbe potuto giocare meglio le proprie carte o forse, meglio ancora, avrebbe potuto tacere su questo argomento. I tifosi nerazzurri, invece, hanno utilizzato il leitmotiv che negli ultimi tempi un certo signor Salvini ha portato avanti con convinzione, ossia che l'Italia non è un paese razzista. La verità è che l’Italia è ogni giorno più razzista a causa proprio di una classe politica che ha “normalizzato” un certo linguaggio.
Agli ultras della curva nord mi viene da chiedere: visto che ululati non sono razzismo ma un modo per rendere nervosi gli avversari e farli sbagliare, come mai negli ultimi anni sono stati rivolti soltanto a calciatori dalla pelle scura? Avete paura del cosiddetto “uomo nero” delle storielle oppure il Lukaku di turno è cosi tanto più forte di Ronaldo, Messi, Maradona?. Ah dimenticavo. Nel vostro comunicato avete dimenticato un'altra frase molto in voga negli ultimi tempi: “non sono razzista, ma...”