di Davide Drago
«È un giorno epocale perchè la responsabilità diventa personale», ha dichiarato ieri, 1 ottobre, il Presidente Gabriele Gravina. Secondo il numero uno della FIGC la Federcalcio ha vissuto la propria giornata epocale, e ha continuato «Non abbiamo intaccato il principio di base, ma se una società oggi adotta il nostro modello virtuoso non ha più nulla da temere e non è più il caso di parlare di responsabilità oggettiva. Se invece qualche club non ha voglia di dare un nome e un cognome alla responsabilità, allora questa ritorna oggettiva».
La lotta contro il razzismo avrà come attore principale la società. Se quest'ultime collaboreranno non sconteranno nessuna pena o ammenda.
Cambia la responsabilità. In caso di comportamenti o cori razzisti non sarà la curva o la società a pagare, ma il singolo che ha compiuto il gesto o il buu.
Il compito delle società di calcio sarà quello di segnalare le situazioni a rischio e adottare una sorta di codice etico. In ogni stadio dovranno esserci delle persone, oltre all'ausilio dei mezzi tecnologici, che dovranno controllare le curve con autonomia di potere e controllo sul funzionameto dell'intero meccanismo.
Quello che resta da capire è quanto le società calcistiche possano affrontare da sole questo cambiamento. Soprattutto c'è da sciolgiere un nodo: quanta competenza ha la società e quanta l'addetto alla sicurezza.
Il nuovo “regime” consentirà di prendere in considerazione documenti audio e video anche in differita, anche senza la famosa soglia di percezione. Le nuove linee guida si applicheranno a tutta una serie di comportamenti che vanno oltre il buu razzista.
La vera novità resta comunque nella cancellezione della responsabilità oggettiva. Prevista nel vecchio regolamento, verrà cancellata totalmente o parzialmente se i club dimostreranno di aver fatto il possibile sia per arginare il fenomeno, ma soprattutto per colpire i singoli che si sono resi protagonisti di atti discriminatori.
Dalle scelte delle Federazione sembra che le decisioni della Roma abbiano fatto scuola. Soltanto pochi giorni fa la società giallorossa ha tracciato una nuova strada per la lotta al razzismo nel calcio. Il club ha deciso, per la prima volta nella storia, di daspare a vita un tifoso romanista, che aveva insultato il centrale brasiliano Juan Jesus in modo discriminatorio sui social. Un gesto che nell’ultima settimana ha suscitato i complimenti di tutte le istituzioni calcistiche e politiche italiane.
Se sul fronte giallorosso si sono addirittura anticipate le mosse delle Federazione, sulla sponda laziale le dichiarazioni del Presidente Lotito hanno sottolineato, ancora una volta, quanto il “problema razzismo” sia una questione in primis culturale.
Dopo la decisione del consiglio federale, infatti, il presidente della Lazio, ha parlato di razzismo davanti ad alcuni giornalisti. Lotito ha detto di essere d’accordo con le decisioni della FIGC ma ha aggiunto che «non sempre la vocazione “buuu” corrisponde effettivamente a un atto discriminatorio razzista» e ha parlato di «persone di non colore, che avevano la pelle normale, bianca, e non di colore».
Queste dichiarazioni confermano quanto sia importante cambiare in primis la mentalità. Sarebbe opportuno che le società si impegnassero con campagne educative nei confronti soprattutto dei più giovani.
Queste nuove norme hanno sicuramente due aspetti fondamentali: da un lato le società, se controlleranno in maniera meticolosa gli spalti del proprio stadio, riusciranno ad evitare parecchie multe e quindi un buon risparmio economico; dall'altro in linea con precedenti norme, avranno il potere di scegliere chi potrà o meno entrare all'interno degli stadi.
Da un punto di vista prettamente giuridico è innegabile che la responsabilità deve essere personale specie se si viola espressamente l'articolo tre della costituzione, principio fondamentale di uguaglianza. Il razzismo non è esercizio di libera espressione e come tale va sanzionato. La responsabilità oggettiva è un concetto che va fuori dalla logica di uno stato di diritto, e potrebbe colpire una società qualora la stessa non faccia nulla per condannare quegli episodi, ma se quest'ultima si rivela fattiva e cooperativa (realisticamente), non ha senso sanzionarla. Dal punto di vista dell'ultras cambierà qualcosa nel proprio comportamento? Il dibattito è aperto.