di Davide Drago
Scoppia la guerra in Siria del Nord e come spesso accade molti atleti prendono posizione in maniera chiara e forte.
Nella giornata di ieri c'è stato un botta e risposta tra il difensore della Juventus Merih Demiral e Claudio Marchisio, che pochi giorni fa ha annunciato il suo addio al calcio giocato. Ovviamente nessuno ha risposto all'altro, ma le due prese di posizione molto contrastanti tra loro hanno fatto notizia.
Tutto è nato da un tweet del centrale turco - in questi giorni in ritiro con la Turchia per le gare di qualificazione all'Europeo - che ha pubblicato l'immagine di un soldato con una bambina e sullo sfondo una camionetta su cui è issata la la bandiera del suo Paese. E su cui compare la scritta «Pace in patria, pace nel mondo», in riferimento all'azione turca contro i curdi avviata in queste ore dal presidente turco Erdogan. Si tratta di uno slogan lanciato all’inizio degli anni Trenta dall’allora presidente Mustafa Kemal Ataturk. Questa di Erdogan è un'operazione fortemente criticata, che ha smosso le coscienze di molti. Ma, al momento, le istituzioni - soprattutto quelle europee - rimangono immobili.
La partita si è poi spostata nelle più popolari storie di Instagram; il centrale difensivo bianconero ha trovato un “compagno di squadra”. Infatti, anche il calciatore milanista Çalhanoğlu ha pubblicato la stessa storia, con stessa foto e stesso testo. I due calciatori hanno scritto: «La Turchia ha un confine lungo 911 km con la Siria ed è lì che si forma un corridoio terrorista. Il Pkk-Ypg è responsabile della morte di circa 40 mila persone, comprese donne, bambini e neonati. La missione della Turchiaè finalizzata a prevenire la creazione di un corridoio terrorista sul nostro confine meridionale e ricollocare 2 milioni di siriani in una zona sicura».
Di contro, davanti all'orrore della guerra, Claudio Marchisio si è schierato a difesa del popolo curdo e lo ha fatto con le parole di Anna Frank: «Vedo il mondo mutarsi lentamente in un deserto, odo sempre più forte l'avvicinarsi del rombo che ucciderà noi pure, partecipo al dolore di milioni di uomini...»
Marchisio ha poi concluso il suo post con un suo pensiero: «Oggi, 77 anni dopo, è iniziato il bombardamento della Turchia contro i Curdi in Siria. Una vergogna per tutta la comunità internazionale. Sentiamoci pure responsabili per ogni vittima».
Demiral e Çalhanoğlu non sono i primi che si sono espressamente schierati al fianco di Erdogan. Di questa particolare squadra fanno parte Mesut Özil, İlkay Gündoğan, Cengiz Ünder, Arda Turan, e tanti altri.
Ozil, calciatore dell'Arsenal che da Gennaio probabilmente sarà sul mercato, è stato sempre vicino al presidente turco.
Nel maggio del 2018 il calciatore pubblicò una foto con accanto il Presidente turco Erdogan che destò parecchio scalpore in Germania. Alla vigilia del Mondiale in Russia, infatti, Özil e Gündogan, centrocampista tedesco che gioca nel Manchester City, accomunati dalle stesse origini, si prestarono ad un incontro con il discusso capo di Stato turco posando per alcune foto: strette di mano, dediche speciali e magliette regalo che il politico turco ha poi utilizzato per fare propaganda in Germania.
Un altro atleta fedelissmo di Erdogan è senza dubbio Ünder. Cresciuto calcisticamente nel Basaksehir Istanbul, squadra legata a doppio filo con l’Akp, il partito di Erdogan. Lo stesso Presidente turco, ex calciatore di livello semi-professionistico, ha inaugurato lo stadio del Basaksehir prendendo parte a una partita amichevole in cui ha anche realizzato una tripletta. La squadra riceve finanziamenti e agevolazioni direttamente dal governo ed è diventata l’emblema della commistione tra calcio e politica in Turchia.
Anche altre squadre come il Trabzonspor, il Besiktas e il Fenerbahce, attraverso i propri canali social, hanno sempre sottolineato il loro appoggio all'operazione terrorista del governo turco contro la popolazione e i territori curdi. La squadra di calcio di Trebisonda (Trabzonspor) tre giorni fa ha postato dal proprio profilo Facebook un video di appoggio all'esercito turco con scritto:"Her şart ve koşulda sizinleyiz!" ossia siamo con voi in qualsiasi condizione.
Il presidente Erdogan ha sempre utilizzato lo sport come strumento di propaganda, ma anche di repressione nei confronti di chi lo attacca.
Deniz Naki, Kanter, Sukur, il pugile di origine curda Ismail Özen, sono soltanto alcuni sportivi che hanno subito la repressione da parte del Presidente turco. Molti addirittura hanno dovuto subire l'esilio forzato dalla propria terra d'origine.
Come non ricordare la squadra dell'Ademspor. Amed è una delle città che rappresenta di più il popolo Curdo. Nel 2015 dopo la partita di coppa contro il Bursaspor, la squadra filo-curda fu investita da polemiche e repressione. Un tweet considerato pubblicato sul profilo della squadra all’indomani di quella vittoria spinse le forze governative ad intervenire con una perquisizione intimidatoria nella sede della squadra. Quella perquisizione non fu l’unico atto contro l’Amedpsor. Andò peggio ad alcuni tifosi che avevano cantato durante la partita cori considerati anch’essi di stampo terroristico e soprattuto al calciatore dell’Amedspor Deniz Naki, che aveva segnato il secondo gol contro il Bursaspor e fu squalificato per ben 12 giornate, multato economicamente e condannato ad un anno di reclusione per aver pubblicato un post sui social con la frase:
«Dedichiamo questa vittoria a coloro che hanno perso la vita e ai feriti durante la repressione nella nostra terra che va avanti da più di 50 giorni. Siamo fieri di essere un piccolo spiraglio di luce per la nostra gente in difficoltà. Come Amedspor, non ci siamo sottomessi e non ci sottometteremo. Lunga vita alla libertà!».
Tanti sono gli atleti pro Erdogan, ma altrettanto sono quelli che non hanno avuto paura - nonostante la forte repressione - di sottolineare il proprio dissenso.
Nel 2018 quando l'esercito turco conquistava Afrin, anche lo sport popolare italiano è sceso in campo contro il sultano. In tutti i campi d'Italia si è presa una posizione netta a favore del popolo curdo.
È giunto nuovamente il momento che lo sport popolare faccia sentire ancora una volta la propria voce. Non possiamo non prendere parola su quello che sta accadendo.
Noi sappiamo da che parte stare!