di Davide Drago

Quanto dobbiamo stupirci di ciò che accade ogni domenica sui campi da gioco italiani? Siamo ormai assuefatti o ci indignamo ancora?

Il weekend calcistico si è aperto con l'interruzione del match tra Roma e Napoli, deciso da Rocchi per cori di discriminazione territoriale. Evidentemente tutto questo non è servito abbastanza, infatti l'indomani il calcio giocato ha lasciato spazio, ancora una volta, ad episodi di razzismo con tutti gli strascichi del caso.

Al nono minuto della ripresa, durante la partita tra Verona e Brescia, Mario Balotelli, evidentemente stufo degli ululati e degli insulti, ha preso il pallone e lo ha scagliato verso la tribuna minacciando di lasciare il campo.

Dopo una breve interruzione Super Mario è stato convinto a rimanere in campo e qualche minuto dopo ha pure segnato. Al triplice fischio dell'arbitro è iniziata una seconda partita, quella giocata tra social, interviste e dichiarazioni.

La curva del Verona non è nuova ad atti di razzismo. Nessuno vuole etichettare un'intera tifoseria o la società come razzista, ma alcune dichiarazioni lasciano alquanto stupiti.

Il tecnico del Verona, Juric, ha dichiarato che allo stadio Bentegodi non ci sono stati cori razzisti nei confronti di Balotelli: «Non ho paura di dire che non è successo niente. Grandi fischi e sfottò, ma nessun coro razzista. Non c’è stato proprio niente. Io sono croato e piglio “zingaro di m...”, perché la tendenza in Italia purtroppo è questa. Però oggi non c’è stato niente di niente». Il presidente, Maurizio Setti, si è accodato alle dichiarazioni del tecnico affermando che dalle tribune non si è sentito nulla e che il Verona come società è impegnata nel condannare fermamente gli atti di razzismo: «Mi associo a quanto detto dal nostro allenatore. Noi tutti non abbiamo sentito nulla. I tifosi veronesi sono ironici, ma non razzisti. Noi come società siamo i primi che condanniamo chi li fa e li “impicchiamo” davanti a tutti, però se tutte le volte vogliamo estremizzare.... Noi siamo una società con un pubblico che ha nel dna lo sport puro».

Non ci meraviglia che la società abbia reagito in questo modo. Del resto anche il signor Lotito difende la propria tifoseria, adducendo spiegazioni alquanto bizzarre ai comportamenti dei propri sostenitori.

Non ci meragliano neanche le dichiarazioni del collaboratore federale che era sistemato sotto il settore degli ultrà veronesi. Ha annotato i cori razzisti contro l’attaccante del Brescia, ma sono stati fatti, secondo la sua dichiarazione, da poche persone per far scattare la chiusura della curva.

Il ministro per lo Sport, Vincenzo Spadafora, è intervenuto e la ha fatto in maniera abbastanza diretta, rivolgendosi al club e più in generale ai proprietari delle squadre di calcio: “Troppo spesso le Società calcistiche hanno minimizzato e difeso – per ignavia, connivenza o timore – le frange estreme delle proprie tifoserie”, ha detto. “Negli ultimi mesi qualcosa sta cambiando, ma ancora i passi da fare sono molti – ha aggiunto – In attesa che gli organi competenti svolgano gli accertamenti previsti chiedo all’Hellas Verona di condannare fermamente quanto avvenuto e prendere i necessari provvedimenti, anche alla luce delle dichiarazioni del suo capo ultrà, che non si addicono di certo a chi dovrebbe avere l’onere e l’onore di guidare una tifoseria”.

Un atttacco all'apparenza duro quello del ministro, peccato che la società non abbia cambiato idea su quanto dichiarato ieri sera e molto probabilmente il giudice sportivo accogliendo la relazione del collaboratore federale non prenderà nessun tipo di decisione dura.

Spadafora nella sua dichiarazione ha fatto riferimento alle parole pronunciate dal capo degli ultras del Verona, nonché responsabile per il Nord di Forza Nuova, Luca Castellini.

 

 

Intervistato da un'emittente radiofonica locale, Castellini ha dichiarato: «Balotelli, che è un giocatore finito, ha deciso ieri, spinto secondo me da qualcuno e qualcosa, di fare quella pagliacciata e lanciare il pallone in curva. L'anno prossimo Balotelli non giocherà più a calcio, andrà in televisione a fare la prima donna. Appena è stato sotto la curva del Verona ha deciso di lanciare il pallone. A Verona lui si infastidisce perché gli cantiamo 'Mario Mario' e lui preferisce essere insultato, come fanno tutti quanti. Ha infamato Verona. Balotelli è italiano perché ha la cittadinanza italiana, ma non potrà mai essere del tutto italiano».

Non contento di queste dichiarazioni alla domanda se la tifoseria veronese sia razzista, Castellini ha risposto dicendo: «Ce l'abbiamo anche noi un negro in squadra, che ha segnato ieri, e tutta Verona gli ha battuto le mani. Ci sono problemi a dire la parola negro? Mi viene a prendere la Commissione Segre perché chiamo uno negro? Mi vengono a suonare il campanello?».

Queste dichiarazioni basterebbero per capire di che pasta sono fatti quelle persone che si rendono protagonisti ogni domenica di atti di razzismo.

Meno di un anno fa, Mauro Valeri - responsabile dell’Osservatorio sul razzismo negli stadi e autore di vari saggi sul tema - lanciava l’allarme sul fenomeno in espansione e sull’indifferenza delle istituzioni sportive e non, dicendo che “nessuno è disposto a metterci la faccia dinanzi al razzismo da stadio”. Il calcio è malato di razzismo, ma pochi si indignano e poco si fa per risolvere il problema.

La situazione, in sostanza, è questa: alcuni tifosi insultano, le società negano gli episodi incriminati e non fanno nulla per opporsi e i giudici sportivi assolvono. In questo modo cambierà davvero poco.