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“Sport Femminile. Finalmente la svolta. Da oggi le atlete donne diventano ufficialmente sportive professioniste anche sotto l’aspetto contrattuale” - GAZZETTA DELLO SPORT

Il titolo della Gazzetta è inequivocabile. Si annuncia la fine di una delle più meschine discriminazioni in atto nel nostro paese. Quella che, per effetto della legge 91/81 che delega al Coni e alle federazioni la regolamentazione dell'ambito dilettantismo/professionismo sportivo, prevede che in Italia siano solo 4 le federazioni che riconoscono ai prorpi atleti il professionismo(calcio, pallacanestro, golf e cilcismo) declinate tutte e solo al maschile. Puoi essere il top al mondo nella tua disciplina, ma in questo paese, se sei donna, rimarrai sempre una dilettante. E dunque niente contratti tipizzati, tutele assicurative, contributi previdenziali. Devi stare attenta a rimanere incinta perché magari le società per cui giochi ti rescindono il contratto. Devi chiedere permesso al tuo datore di lavoro se per caso giochi a calcio in nazionale e ti qualifichi alle fasi finali dei mondiali.

L'EMENDAMENTO SUL PROFESSIONISMO SPORTIVO FEMMINILE

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La svolta annunciata a titoli cubitali dai maggiori quotidiani nazionali, sembra dunque una buona notizia, talmente buona da rischiare di non essere vera. Gli altisonanti annunci si riferiscono all’emendamento a firma Tommaso Nannicini, approvato in commissione bilancio del senato, che cita:

«Al fine di promuovere il professionismo nello sport femminile ed estendere alle atlete le condizioni di tutela previste dalla legge sulle prestazioni di lavoro sportivo, le società sportive femminili che stipulano con le atlete contratti di lavoro di professionismo sportivo…sono esonerate, per gli anni 2020, 2021 e 2022, ferma restando l'aliquota di computo delle prestazioni pensionistiche, dal versamento dei complessivi contributi previdenziali a carico dei datori di lavoro, con esclusione dei premi e contributi dovuti all'INAIL, nel limite massimo di un importo di esonero pari a 8.000 euro su base annua».

In sintesi sono previsti sgravi fiscali alle società che decideranno di stipulare con le proprie atlete veri e propri contratti di lavoro. Sgravi datati 2020-2022 e quindi a termine di tempo. Sgravi che in assenza di una complessiva riformulazione della legge e di adeguati decreti attuativi, sono e rimangono semplici sgravi fiscali.

Per capirsi, il fatto che siano previste detrazioni al 50% sulle ristrutturazioni domestiche, non significa che ristrutturerai casa. Non è previsto nessun automatismo. La scelta rimane discrezionale. A decidere saranno le società e i vertici delle federazioni, sulla base di considerazioni di carattere economico, molto prima che etico e sociale.

LA SMENTITA DI CATTANEO

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Che questo non sia un problema da poco lo afferma pacatamente Bruno Cattaneo, presidente della federvolley, alla stessa Gazzetta dello Sport a cui va dato il merito di non dare solo la notizia, ma anche ed assieme la sua smentita:

“Non credo proprio che porteremo il volley femminile al professionismo. Non credo sia il passaggio che la pallavolo si aspetta. Certo il governo ha concesso un’opportunità, ma non può essere un’imposizione. E’ e deve rimanere una scelta, onestamente mi aspettavo altro. Nel nostro mondo ci sono altre priorità.”

Una priorità, ad esempio, che però Cattaneo non cita, sarebbe quella di garantire alle donne un’adeguata rappresentanza ai vertici federali ed istituzionali, provando così a spezzare quella consolidata e vile consuetudine che vuole che a decidere della vita, della professione e dei diritti delle donne, siano sempre e solo gli uomini. Basti dire che su 40 federazioni sportive rispondenti al CONI, i dirigenti donne sono 0. Il resto, a buon pensatore, vien da sé.

IN SINTESI

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In definitiva si è aperta una porta ed è indubbiamente un passaggio positivo ma ad ora, dietro quella porta, non c’è nessuna certezza. Messaggio da recapitare in primis a quei quotidiani che avrebbero il dovere professionale di raccontare i fatti per come sono, ma che, in particolare quando si parla di donne, usano metri di valutazione superficiali e linguaggi inadeguati, non facendo che decorare di un manto cortese, la cultura profondamente maschilista e patriarcale dello sport del Belpaese e della società che esso porta a sintesi. Quella cultura va trasformata e rovesciata alla radice.

Fino a che non si riformulerà la legge 91/81, ristrutturando complessivamente il tema dilettantismo/professionismo sportivo, il sistema rimarrà inadeguato e discriminatorio soprattutto verso le atlete donne, ma non solo. Nella loro situazione si trovano in effetti la stragrande maggioranza degli atleti di questo paese ed è probabilmente a questo che si riferisce la risposta via twitter di Ivan Zaytsev a Cattaneo. 

Citando Assist che sul tema rimane la fonte più accreditata, il momento davvero decisivo coinciderà con l’approvazione o meno della legge delega sullo sport, la cui discussione è prevista per Gennaio-Febbraio:

“Questa battaglia sarà vinta quando a decidere se puoi avvalerti di una legge che contiene tutele ELEMENTARI e definisce lo status di lavoratore sportivo e di lavoratrice sportiva, non sarà il tuo datore di lavoro (cosa ovviamente ridicola in qualunque altra professione!), ma la natura stessa della tua prestazione”.

SAME SPORT. SAME RIGHTS.