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Negli articoli di questo sito, non abbiamo mai giocato alla finta negazione di un legame tra calcio e politica. Anche perché a non vedere certi legami o si è in malafede o non si è proprio dei fini osservatori. Oggi però, data l’abitudine al fantasticare sotto l’ombrellone in questi giorni, sebbene le competizioni europee più importanti non abbiano ancora chiuso i battenti, ma anzi siano nel momento clou, azzardiamo un’analisi bizzarra e forzata degna di un complottista alla Lukashenko, quello che voleva curare il Covid-19 con la vodka e la sauna, poi se l’è preso e dopo ventisei anni di potere assoluto si ritrova per la prima volta pure in difficoltà a governare.
 
Ma non è del dittatore Bielorusso che si vuol parlare, nonostante quest’oggi il calciatore Shkurin abbia rinunciato alla convocazione in nazionale dicendo che mai rigiocherà con la nazionale finché Lukashenko sarà al potere e, naturalmente, la notizia è rimbalzata fino in Italia.
L’analisi azzardata riguarda il parallelo tra la crescita, che sembrava inarrestabile, del Barcellona calcio, e la voglia d’indipendenza della Catalogna.
 
L’inno del Barcellona, ci ricorda che la squadra è più che un club e, in questi anni, la causa indipendentista era quasi esaltata dai risultati della squadra azulgrana. Infatti, personaggi simbolo dell’ascesa del club, come Guardiola, Piqué, tanto per citarne alcuni, hanno sempre dato messaggi chiari sul loro appoggio alla causa indipendentista. Il primeggiare in Spagna e nel mondo, con il calciatore più forte di tutti in rosa, permetteva di vedere come questa squadra potesse trainare all’indipendenza. Il Barcellona vince, tutti quelli del club vogliono l’indipendenza e quindi la causa indipendentista trionferà. Ovvio che ad alcuni giocatori il problema non interessava, però non si permettevano di esprimersi contro l’indipendenza. Nemmeno Messi, che credo abbia lo stesso interesse per la Catalogna indipendente di quanto abbia a cuore le diatribe del Borneo, si è mai espresso controcorrente.
Spero nessuno, per smentirmi, riporti frasi di Messi che caldeggia la causa indipendentista, perché Messi, di Messia, credo abbia ben poco, se non con un pallone tra i piedi.
Comunque, in questa crescita possibilista nei riguardi dell’indipendenza, la gente catalana ci credeva, e le numerose manifestazioni oceaniche degli indipendentisti negli ultimi anni, erano lì a dimostrarlo.
Poi, nonostante ci siano stati una serie di risvolti politici con arresti ed esili per alcuni politici che richiedevano l’indipendenza, la sensazione di farcela continuava ad essere presente, pulsante, e qualcuno sperava nell’imminente stacco della Catalogna dalla Spagna. Ma come nello spogliatoio della squadra, anche a livello politico sono cominciate delle fratture insanabili e la situazione indipendenza si è ritrovata in una fase di stallo assoluto.
Adesso quell’indipendenza accarezzata, sembra più lontana, e se anche il Messi-a se ne andasse, si dovrebbe ripartire da capo?
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L’altro giorno con la sconfitta per otto a due per mano del Bayern di Monaco, si è chiuso definitivamente un ciclo calcistico. E politico?
Non penso che Seitien, l’allenatore che, con il Barça di Messi, Suarez e compagnia bella, è riuscito a non vincere niente, sia alle dipendenze di Re Felipe VI, anche perché la monarchia spagnola, non è mai stata così in difficoltà da decenni, perciò avrà altro per la testa. Non saprei dire nemmeno se i grandi giri di affari tra calcio e politica, possano decidere a tavolino il tracollo di una squadra, fatto sta che in Catalogna e, soprattutto a Barcellona, si ritrovano come nel gioco dell’oca, un po’ indietro rispetto a prima.
Un giorno, qualche giornalista scoprirà gli altarini e i traffici di denaro intercorsi tra Madrid (inteso politicamente) e Bartomeu, odiato presidente del Barcellona, affinché il club non fosse più vincente? Chissà, forse no. D’altronde l’abbiamo detto che avremmo fantasticato su un complotto da ombrellone, quando poco prima di sedersi all’ombra, dentro il mare, abbiamo scambiato un piccolo branzino per un megalodonte.