Si ho deciso, mi rimetto ad andare in bici, mollo tutto e a luglio 2015 sarò in giallo a Parigi. Mi allenerò tantissimo, farò una dieta ferrea, stop sigarette, alcol, e giù di doping. Tanto l’ho sentito al bar: nel ciclismo se ti dopi vinci! Ho deciso che il mio soprannome sarà “in punta di sella”, così avrò anche l’account twitter pronto e quindi mi risparmio metà dell’opera.
Inizierò fin da ora a scrivere qualcosa di pesante contro i francesi così repubblica.it potrà titolare “I francesi che s’incazzano” e sarò il nuovo eroe popolare osannato dalla folla. Ecco si: i francesi non hanno il bidet e vogliono vincere il Tour? Sul doping effettivamente sono rimasto indietro, ma tanto ho corso in bici da ragazzo (quindi ero dopato…) e non faticherò a ritrovare contatti ed informazioni. Non dirò niente alla mia squadra, al mio allenatore ed al mio medico. Farò, come fanno tutti i ciclisti: tutto da solo!
Dite che non è così facile? Dite che secondo voi il tour non lo vinco? Allora fermi tutti, ricominciamo da capo.
Si è appena concluso il Tour de France 2014, e dopo 18 anni un atleta italiano è riuscito a vincere la Grande Boucle. Vincenzo Nibali, siciliano di nascita e Toscano di adozione, ha conquistato da can-nibale (lo so, l’hanno detto tutti ma non ho resistito) un’edizione del Tour molto particolare, funestata da cadute e ritiri eccellenti fin dalle primissime tappe. E’ stata un’edizione molto particolare quella 2014: impegnativa come non capitava da anni sotto il profilo altimetrico, maltempo, e un vincitore come non lo si vedeva dai tempi del ciclismo “vecchia maniera”. Nibali ha evitato cadute, è volato sul pavè, ha stracciato tutti in salita ed ha brillato per sicurezza e stile. Dal punto di vista sportivo un vero e proprio trionfo. E allora? Perché non riesco (riusciamo?) a godermi completamente questa vittoria straordinaria?
Perché mi chiedo quando vorranno restituirci questo sport, mi chiedo quando non sentirò più dire in maniera semplicistica che “sono tutti dopati”. Mi chiedo quanto ci vuole poco a dire che “lo squalo”, “quello che ha fatto incazzare i francesi”, “quello che insieme alla concordia ha risollevato l’Italia”, è “caduto in tentazione”, “ha sbagliato”, “ha fatto come il Pirata”, “dietro quella corazza era un debole”. Spero e credo che Nibali sia il simbolo di un ciclismo diverso, ma vorrei innanzitutto iniziare a parlare di ciclismo e di ciclisti in maniera diversa. Senza negare problemi e responsabilità ma cercando di andare oltre la soluzione più semplice. Dare una lettura “alla rovescia” del ciclismo anche e soprattutto quando quell’ambente sembra volersi riproporre sempre uguale a se stesso.
La vedo dura in mondo in cui si bombardano scuole impunemente, in cui si manda in galera chi manifesta la propria contrarietà ad un’opera come la TAV ed in cui un Tavecchio qualsiasi parla di banane. Ma in fondo si potrebbe cominciare con poco: mi accontenterei fosse chiaro che Legrottaglie con la cocaina non farebbe mai i gol di Maradona, che Merckx non era il cannibale perché si dopava, vorrei fosse chiaro che io sono una sega e anche con tutto il doping del mondo l’anno prossimo non vincerò mai il Tour de France.