La sfida di supercoppa fra Lazio e Juventus giocata Sabato a Shangai è stata, per il calcio nostrano, l’occasione di mettersi in ridicolo con quasi un mese di anticipo sull’avvio del campionato! Si parte con le note del nuovo e chiacchierato inno di Allevi: la partita non è ancora cominciata, ma già la sensazione è sgradevole.
Peggiora nel momento in cui la regia inquadra un campo disastrato che impedirà per lunghi tratti quel minimo di gioco che ti aspetti da una finale. A nulla sono valse le proteste dei due tecnici Allegri e Pioli, anzi, la Lega Cinese ha perfino rifiutato l’agronomo e i due giardinieri inviati da quella italiana nonché la promessa di 150.000 euro per rizollare il terreno. Riguardo le riprese, a scegliere fra Rojadirecta e Rai, è la prima a vincere senza storia!I replay sono sempre “sul pezzo”, in pratica un metro dietro il pallone. Per tutto il primo tempo, che peraltro per la regia finisce al 43’ e 30’’, non si sentono i collegamenti dal campo. Le reiterate scuse dei telecronisti che accusano a turno la lega calcio e l’apparto tecnico orientale, servono tutt’al più a segnalare anche ai più distratti telespettatori che qualcosa di grosso non sta funzionando. Per quanto riguarda i valori in campo poi, bisogna dire che per una decina di minuti si gioca pure del buon calcio. E’ giusto il tempo che serve alla Juventus per portarsi sul 2 a 0 con Mandukic e Dybala. Tutto il resto è noia, fino al momento in cui , dopo 4’ di recupero, Banfi produce il triplice fischio ed assegna il trofeo alla squadra di Agnelli.
Insomma , l’avvio della nuova stagione non è certo dei migliori e la domanda sorge spontanea: perché privarci della possibilità di gestire l’evento facendo giocare la finale a Shangai? La risposta è banale: il profitto! Quello che deriva dal marketing, dai mercati orientali, dai diritti tv! Era il Gennaio del 2011 e Il presidente della lega calcio Beretta concludeva un affare commerciale con il magnate del calcio cinese, Wang Hui , a capo della Uvis ( United Vansen International Sport). Il contratto prevedeva che tre delle successive edizioni della supercoppa, divenute poi 4, si sarebbero giocate in Cina. A motivare la scelta da un lato l’intenzione di stimolare il sistema sportivo orientale, dall’altro le cascate di cash pronte a bagnare il nostro calcio o meglio alcuni dei suoi lidi. Per rendere l’idea, quando nel 2012 si giocò a Pechino Juve – Napoli, il contratto per il singolo evento valeva 3,3 milioni di euro, più o meno 35.000 euro al minuto da spartire a metà fra le due società. Di fronte a cifre di questo genere ogni sana riflessione diventa noiosa lamentela. Da ricordare le dichiarazioni del patron partenopeo De Laurenti che affermò: “far affrontare ai giocatori un volo di 12 ore per disputare una partita di questo livello nel bel mezzo della preparazione atletica è un crimine… per non parlare della scelta di privare i tifosi di una sfida così importante”, tranne poi chiuder bocca ed aprire i termini del conto in banca per incassare i ricavi di una finale peraltro persa 4 a 2 dal suo Napoli.
Con i soldi si compra tutto: presidenti, sponsor, società … ed in Italia anche un sacco di partite. I più facoltosi cittadini cinesi lo hanno capito bene e sul calcio italiano stanno investendo di grosso. Lo ha capito bene un altro Wang, che di nome fa Jianlin e che ha concluso da poco l’acquisto del pacchetto azionario di Infront Italia. L’azienda di Marco Bogarelli gestisce i diritti tv ed i titoli sportivi per conto di una dozzina di società di serie A ed il marketing commerciale per la FIGC, ossia gran parte del denaro che circola attorno al mainstream nostrano. Denaro tramite cui amicarsi le società, stringere affari con il maggior quotidiano sportivo del paese, influenzare le elezioni dei presidenti. Sia Beretta che Tavecchio ne sanno qualcosa, almeno così racconta Marco Mensurati su Repubblica : “Il giochino è semplice, Infront compra i diritti commerciali delle società che non riescono a vendere gli spazi commerciali dentro i propri stadi, sovrastimandone sistematicamente di qualche milione il valore. La cifra pagata in eccesso è il prezzo per il voto in Lega del presidente del club. E’ questo il copione che ha portato prima Maurizio Beretta alla presidenza della Lega calcio e poi Carlo Tavecchio alla guida della Figc”. Una storia complessa quella di Infront, che meriterebbe un articolo a parte.
Il problema dello spettacolo andato in scena sabato è un altro, ossia il fatto che abbiamo assistito ad una sfida che a parte gli incassi, ha avuto ben poco da raccontare. Abbiamo assistito al paradosso di uno spettacolo che diviene sempre più prodotto commerciale e perde la capacità di meravigliare. In fondo, ancor prima dei tifosi e del loro sacro diritto a sostenere la propria squadra, la grande assente dello show è stata proprio chi si presumeva dovesse esserne la protagonista: la bellezza semplice del buon calcio giocato, sacrificata al carrozzone di sponsor,diritti, contratti, titoli ed azioni. Sacrificata alla smania che alcuni hanno, di arricchirsi e costruire le proprie scalate al potere, sulle spalle di questo sport.