Nella prima settimana di Agosto, il giornale britanni- co Sunday Times e la rete televisiva tedesca ARD, han- no avuto accesso ai risultati di oltre 12 mila esami del sangue eseguiti negli ultimi undici anni su circa 5 mila atleti, che competono ad alto livello nelle diverse disci- pline dell'atletica leggera. Stando ai valori emersi, qua- si un terzo delle medaglie vinte nelle prove di resistenza tra il 2001 e il 2012 erano state ottenute grazie all'aiuto del doping.
Non solo: il Sunday Times, in un articolo che contiene forti accuse nei confronti del mondo dell'atleti- ca leggera, spiega come la WADA (World Anti-Doping Agency), abbia finanziato, nel 2011, uno studio dell'U- niversità di Tubinga in Germania, sull'uso di sostanze il- legali in ambiente sportivo; nello stesso anno, infatti, si tennero i Mondiali di atletica leggera in Corea del Sud, precisamente a Daegu, e alcuni ricercatori dell'università vi si recarono per intervistare un campione significativo di atleti. I risultati di questo studio furono inviati alla reda- zione del giornale britannico in maniera totalmente ano- nima: il 30% dei 1800 partecipanti ai Mondiali avrebbe ammesso di aver violato, nel corso dei dodici mesi prece- denti, alcune delle norme anti-doping. Tale studio non è mai stato reso noto al grande pubblico, perché, secondo il Sunday Times, la IAAF (International Association of Ath- letics Federations), in accordo con la WADA, ha impedi- to che venisse divulgato. Nel mondo dell'atletica e dello sport in generale, l'utilizzo di sostanze dopanti è sempre stata una costante negativa, ma gli ultimi dati ci rivelano che i casi, vuoi perché i controlli sono aumentati, vuoi perché al giorno d'oggi l'uomo si sente continuamente insoddisfatto dei propri risultati, sono addirittura aumen- tati e le statistiche parlano chiaro. Siamo di fronte ad una deviazione del concetto di sport, che dall'essere sinonimo di salute, benessere, partecipazione, rispetto per l'avver- sario e divertimento, diventa un sistema di risultati combi- nati, malato, corrotto, basato sul potere economico e sul condizionamento psicologico.
Soprattutto nell'ultimo decennio, il fenomeno del doping si è via via diffuso anche a livello amatoriale, dove i con- trolli sono praticamente assenti e l'informazione scar- seggia. Nel nostro paese, in particolare, il 14 dicembre dell'ormai lontano 2000 è stata varata la legge 376, che contiene la "Disciplina della tutela sanitaria delle attività sportive e della lotta contro il doping", secondo la quale "costituiscono doping la somministrazione o l'assunzione di farmaci o di sostanze biologicamente o farmacologi- camente attive e l'adozione o la sottoposizione a prati- che mediche non giustificate da condizioni patologiche e idonee a modificare le condizioni psicofisiche o bio- logiche dell'organismo al fine di alterare le prestazioni agonistiche degli atleti". Il decreto del 12 marzo 2009 ha approvato una lista delle sostanze considerate dopanti, suddivisa in cinque sezioni.
L'assunzione di tali sostanze, anche dopo brevi periodi, può compromettere permanentemente il funzionamento fisiolo- gico dell'organismo, portando ad effetti che, nella maggior parte dei casi, si manifestano solo a lungo termine, dopo mesi o anche dopo anni, come, ad esempio, patologie cardiache, infarto al miocardio, emorragia cerebrale, ne- oplasie, disturbi ormonali, sessuali e psicologici, fino alla schizofrenia. In molti casi possono indurre a dipendenza fisica e psichica che porta a gravi sindromi di astinenza.
ll doping genetico, invece, consiste nell'uso non terapeutico di tecniche di ingegneria genetica, con lo scopo di modi- ficare la struttura cellulare di alcuni tessuti, tra cui quello
muscolare, rendendoli più resistenti ed effi- caci durante lo sforzo fisico.
I paesi dell'Europa dell'est sono stati i pre- cursori in questo campo, avvalendosi del do- ping in maniera sistematica a partire dagli anni Cinquanta, soprattutto negli atleti che partecipavano alle Olimpiadi. D'altronde, in quel periodo, si sapeva ben poco circa gli effetti collaterali delle sostanze somministra- te, mentre erano sorprendenti i migliora- menti in termini di struttura fisica, resistenza e risultati agonistici. Questo veniva osser- vato in particolar modo nelle atlete donne ripetutamente trattate con ormoni maschili (testosterone); tuttavia, col passare del tem- po, tale pratica ha causato gravi deficit fisici e psicologici e c'è stato addirittura chi, come la pesista Heidi Krieger è stata costretta a diventare uomo, visti gli ormai irreversibili cambiamenti nel fisico.
Tra i casi più clamorosi di doping, si ricor- dano quello di Ben Johnson, che nel 1988 è stato squalificato dai giochi olimpici di Seul, dopo essersi classificato primo alla corsa dei 100 metri e aver stabilito il record del mon- do, che in seguito venne annullato, e quello di Marion Jones, centometrista statunitense, alla quale, dopo che aveva ammesso l'uso di doping, sono state revocate tutte le meda- glie olimpiche.
Anche il caso di Marco Pantani, escluso dal Giro d'Italia nel 1999 mentre era larga- mente in testa alla classifica, viene errone- amente ricondotto al fenomeno del doping; in realtà il ciclista non risultò positivo ai test che rilevavano l'uso di sostanze dopanti, ma il suo ematocrito era superiore al valore massimo consentito e, al fine di tutelare la sua salute, venne sospeso dalla gara. Il ci- clista Lance Armstrong, invece, dopo essersi visto annullare tutti e sette i Tour de France vinti tra il 1998 e il 2005, nel 2012 è sta- to bandito a vita dal ciclismo. Sempre nel 2012, l'italiano Alex Schwazer è stato squa- lificato dai giochi della XXX Olimpiade, per essere risultato positivo ai test per l'EPO.
Tuttavia non tutti sono concordi sulla negatività del doping nella pratica sportiva: è in corso, infatti, un aspro dibatti- to proprio sul significato del doping e sugli effetti a lungo termine. Da una parte c'è chi sostiene la necessità di un aumento dei controlli e di un maggior impegno da parte delle autorità nelle misure repressive; dall'altra invece molti sono a favore della liberalizzazione di alcune sostanze, dal momento che il doping è ormai troppo diffuso nella mag- gior parte degli sport agonisti. In particolare si è venuta a creare una forte discrepanza tra gli atleti che ne fanno uso e che, quindi, possono vincere le gare con più facilità, e quelli che non ne fanno uso e che risulterebbero relegati a un ruolo marginale nella competizione. Tra l'altro, alcune sostanze, oggi non considerate come dopanti, in un futu- ro più o meno lontano potrebbero essere considerate tali e questo porterebbe, con ogni probabilità, ad una forte discriminazione tra gli sportivi, una diversità di trattamen- to, in quanto le stesse sostanze vengono spesso procurate dagli allenatori.
Dai dati raccolti fino ad ora è emerso come alcune sostan- ze dagli effetti terapeutici e di fondamentale importanza, come l'insulina, la somatotropina, il testosterone o l'eritro- poietina, siano state, soprattutto negli ultimi anni, demo- nizzate ed etichettate come letali, determinando, di conse- guenza, una forte limitazione nel loro uso legale e medico e un aumento di quello illegale e antisportivo.
Ma a prescindere dalle controversie attuali, dagli schiera- menti pro o contro e dalle opinioni personali, ciò di cui necessitiamo realmente è una maggiore informazione pubblica e comprensibile a chiunque, anche ai non addetti ai lavori, dal momento che il fenomeno del doping si sta diffondendo a macchia d'olio anche negli sport amatoria- li. La mancata conoscenza, infatti, sia degli effetti positivi, ma anche e soprattutto degli effetti negativi sull'organismo, dovuta spesso all'omertà che la medicina ha dimostrato in questo campo, ha alimentato una sorta di sfiducia nei confronti di medici e preparatori atletici, con un forte au- mento del mercato nero, come quello della droga, rivolto a persone che non hanno bisogno di tali sostanze, ma che, al contrario, potrebbero uscirne seriamente danneggiate. Bisognerebbe capire innanzitutto che doping è sinonimo di inganno e slealtà nei confronti degli avversari, ma, in misu- ra maggiore, nei confronti di se stessi e del proprio benes- sere, che, poi, è l'obiettivo primario dell'attività sportiva.
Tratto dal blog del Collettivo La Marionetta