“La NFL ha efficacemente fatto fuori Kaepernick”, così titola un articolo pubblicato lo scorso 23 marzo sul “Washington Post” a firma del giornalista Kevin Blackistone.
Nell’articolo viene descritta l’attuale situazione agonistica di Colin Kaepernick, che nella stagione della NFL conclusasi lo scorso 5 febbraio ha rivestito i panni di quarterback nella squadra dei San Francisco 49ers. Dal lato della situazione prettamente sportiva, Kaepernick è in qualche modo svincolato, non legato a nessuna squadra, ed al momento, nessun team sembra essere interessato a lui. Arrivati a questo punto però, sembra essere passato fin troppo tempo per ritrovarsi senza una collocazione. Secondo Blackistone non ci sono dubbi: Kaepernick paga dazio per la sua protesta ed il suo impegno politico, manifestati platealmente sui campi della NFL dall’inizio della stagione. Tutto cominciò a fine agosto 2016, quando Kaepernick decise di stare in ginocchio durante l’esecuzione dell’inno americano prima di una gara ufficiale. I motivi? Essere contro il razzismo negli States e le violenze immotivate ed efferate della polizia statunitense contro i neri in tutto il paese; a fare da sfondo alle ragioni di tale protesta naturalmente c’erano gli echi del movimento Black Lives Matter. A partire da quella soleggiata giornata agostana, Kaepernick ha continuato la protesta per mesi, e nei primi due mesi dall’inizio, tantissimi giocatori neri ma non solo della NFL, ma anche di basket della NBA, hanno attuato la stessa protesta durante l’esecuzione dell’inno. Questo ha scatenato un gran parlare sui media, e le reazioni di alcuni dei massimi rappresentanti delle istituzioni degli States: Obama, che ha difeso Kap, e poi critiche da parte di Ruth Ginsburg, giudice della Corte Suprema degli USA, stati contrariati dal profilo twitter del Pentagono, e, per ragioni iscritte nel suo dna politico sciovinista e reazionario, attacchi da parte dell’attuale presidente Donald Trump. Appena iniziata la protesta, Trump attaccò subito Kapernick: “se non ti piacciono gli USA, cambia paese”.
Ed altre critiche si sono susseguite fino al 21 marzo scorso, quando in un convegno in Kentucky in un riferimento a Kapernick Trump ha affermato: “Forse la NFL non vuole Kaepernick perché ha paura di un mio sgradevole tweet … credete a questo? Parlo di ciò considerando che alla gente del Kentucky piace stare in piedi di fronte la bandiera americana”. Kaepernick ha risposto immediatamente alla provocazione di Trump in questo modo: ha donato 50 mila dollari a Meals on wheels, il programma che si occupa di dare pasti gratuiti a gente indigente, sotto le mire di tagli ai finanziamenti dell’attuale governo USA. Un’atto di beneficenza ed un messaggio politico chiaro insomma. Kaepernick in questi mesi ha anche fondato e finanziato “Know your rights”, un programma che in California, ed anche in altre zone degli States, si occupa di promuovere la consapevolezza dei propri diritti per i giovani afro – americani; senza dimenticare la donazione di altri 50 mila dollari del Kap lo scorso gennaio a favore dei manifestanti di Standing Rock contro la costruzione dell’oleodotto DAPL. Adesso però, che Kaepernick sia allontanato in maniera studiata da parte dei team della NFL non è solo il giornalista del Whasington post a pensarlo, ma lo credono da più parti: così la pensa ad esempio Richard Sherman, corner back dei Seattle Seahawks, team che più di tutti con vari dei suoi membri, ed anche tenendo fede alla propria storia di squadra dalle tendenze progressiste ed anticonservatrici, ha partecipato alla protesta di Kaepernick stando in ginocchio durante l’esecuzione dell’inno o esponendosi in occasioni pubbliche.
Sherman ha detto pubblicamente in una conferenza stampa che Kaepernick è “blackballed”, stesso termine usato da Blackistone sul Whastington Post, che sta a significare l’essere fatto fuori dal giro della NFL. Ci si mette anche il regista nero impegnato contro il razzismo, Spike Lee, ad affermare tramite il suo profilo instagram, ritratto in una foto insieme a Kap, quanto detto fin’ora: “Come è possibile che ci sono 32 team nella NFL e Kaepernick è ancora libero? Qui qualcosa ci puzza”.