di Davide Drago

E' una guerra sporca, tremenda. Nessuno sa cosa stia realmente accadendo ad Afrin, il distretto della Siria nordoccidentale governato dai curdi siriani contro cui il Governo turco ha scatenato dal 20 gennaio l'operazione “Ramoscello d'ulivo”, un'imponente offensiva militare per scacciare le milizie curdo siriane dello Ypg e creare una zona di sicurezza sul confine. Il primo nuovo fronte siriano aperto nell'era del dopo Isis ha scosso, come era già successo in passato per altre operazioni militari, anche il mondo dello sport.

Oltre all'ormai famoso caso del calciatore Deniz Naki, anche un altro sportivo turco è finito nel mirino del governo. Infatti, il mese scorso la procura turca ha chiesto quattro anni di carcere per il giocatore Enes Kanter, giocatore che milita nella NBA con la squadra dei New York Knicks.

Le motivazioni della condanna richiesta si rifanno alle accuse che il giocatore lanciò nella scorsa primavera al presidente turco Recep Tayyip Erdogan, quando, prima su Twitter, e successivamente in una conferenza stampa, lo definì senza mezzi termini, “l’Hitler del nostro secolo”. Già lo scorso maggio erano cominciati i problemi extrasportivi con le autorità turche per Enes Kanter: prima il suo passaporto turco ritirato con conseguente problema all’aeroporto di Bucarest dove il giocatore è stato bloccato per ore trattenuto dalla polizia e poi il mandato di arresto emanato a suo carico con l’accusa di appartenere a un gruppo terroristico.

Se però Deniz Naki e Enes Kanter hanno dimostrato in tutti modi la loro avversione nei confronti del governo di Erdogan, così non è stato in due campi della serie turca lo scorso weekend.

 

 

Venerdì 2 febbraio si è giocata la partita di Superlig, la serie A turca, tra il Bursaspor e il Besiktas. I giocatori di casa sono entrati in campo tenendo in mano uno striscione con scritto un messaggio di supporto ai soldati che stanno combattendo nell'enclave di Afrin. Ancora più grave è il messaggio che hanno voluto lanciare tramite la maglietta utilizzata per la partita, infatti, per l'occasione, sopra al logo della squadra c'era cucito un ramoscello d'ulivo.

 

 

Il messaggio appare dunque chiaro: la squadra e la società del Bursaspor hanno voluto dimostrare in maniera inequivocabile il loro appoggio al regime di Erdogan e all'operazione di guerra che sta compiendo. Tantissimi sono stati sui social i messaggi di apprezzamento da parte dei tifosi della squadra.

Un altro episodio di vicinanza al governo turco si è avuto domenica prima e durante la partita giocata tra Konyaspor, la nuova squadra di Eto'o, e İstanbul Başakşehir, primi in classifica nella massima serie turca: prima del fischio iniziale è stata esposta una coreografia a carattere militare. Nello striscione che copriva la parte inferiore della curva era rappresentato un carro armato che attacca una fortezza di “terroristi” in cui sventolano una bandiera kurda, una americana e una di Israele. Inoltre sono stati mostrati dei messaggi di sostegno per i “militari martiri” che stanno combattendo ad Afrin.

Durante la stessa partita, il capitano dell'Instabul B., Emre Belozoglu,ha indossato un braccialetto con una scritta sostegno dell'operazione militare turca.

L'attaccante del Togo, ex Real Madrid, Adebayor, dopo aver segnato il gol del definitivo pareggio è corso sotto la curva dei propri tifosi e li ha omaggiati con un saluto militare, gesto che è stato subito ripetuto da parte di molti sostenitori della squadra ospite.

In questo clima di evidente repressione diventa più che mai difficile opporsi ai regimi e alle istituzioni, anche se si dichiarano apertamente oppressori. Il dissenso politico espresso anche in ambito sportivo viene sempre più spesso punito con condanne esemplari in modo tale da scoraggiare qualsiasi segno di protesta. Le due azioni svolte lo scorso weekend nei due campi di calcio turchi non avranno, ovviamente, nessuna ricaduta disciplinare.