Il 24 maggio scorso sulle pagine online dell’Huffington Post è stato pubblicato un articolo, basatosi su un’analisi dei dati posseduti dalla testata, dal titolo “La polizia ha ucciso almeno 378 americani neri dall’inizio della protesta di Colin Kaepernick”, a firma di Sebastian Murdock.
L’obiettivo della protesta di Kaepernick, che a partire da fine agosto del 2016 fino alla fine della stagione, inverno 2017, era proprio quello di protestare contro gli ingiustificati omicidi della polizia nei confronti delle persone afroamericane, che subiscono una violenza istituzionale a sfondo razziale: la protesta di Kaepernick rientrava a pieno nel movimento Black Lives Matter. Questo è il contesto in cui è avvenuta la plateale presa di posizione di Kaepernick che ha fatto tanto parlare di se da parte dei media statunitensi e di tutto il mondo, mentre tantissimi altri giocatori della NFL hanno protestato per mesi come lui, cosi come tanti atleti delle squadre della NBA. Kaepernick ha sicuramente attirato molte attenzioni su di se per il suo gesto: basti pensare che, come riportato dai media americani, nel mese di maggio 2017 la maglietta di Kaepernick con il numero 17 è stata la più venduta della NFL; oppure, che poco tempo fa, nell’aprile del 2018, l’organizzazione internazionale Amnesty International ha conferito a Kap l’onorificenza di Ambasciatore di Coscienza per questo anno solare. Per la sua protesta, Kap è stato fatto fuori dalla NFL: nonostante fosse un giocatore di certo papabile per poter essere inserito in una squadra di football americana, considerando anche una sua finale di un Superbowl alle spalle, ma nessuna squadra lo ha ingaggiato per la stagione appena terminata. E saranno tempi duri per chiunque altro deciderà di protestare da ora in avanti: è notizia di qualche giorno fa che le squadre della NFL abbiano deciso di punire i giocatori che nella prossima stagione decideranno di protestare come ha fatto Kap, cioè stando in ginocchio durante l’inno americano prima delle partite. La Lega ha affermato che se il gesto sarà ripetuto, le squadre saranno multate. Ma da dove trae origine questa decisione? Non solo da una politica repressiva partorita dai vertici della NFL, ma si può arrivare più in alto. In un rally svolto in Alabama nel settembre del 2017, il neo – eletto alla guida degli States Donald Trump, che ha attaccato più volte la protesta di Kaperneick nel corso del tempo, affermò pubblicamente: “I proprietari delle squadre della NFL dovrebbero dire ad un giocatore che si mette a protestare: sei fuori!”. Dato che la NFL è composta dalle 32 squadre che partecipano al torneo di football americano, ecco che si riesce a capire meglio la dinamica da cui sono stati partoriti questi provvedimenti dal contenuto liberticida. A dare man forte a questa tesi ci sarebbero anche gli intrecci tra proprietari delle squadre e politica: secondo un articolo del “The Guardian” del novembre del 2016, firmato da Bryan Armen Graham, i proprietari delle squadre di football della NFL investono un totale di circa 8,5 milioni come finanziamento per sostenere i due maggiori partiti politici americani: ai Democratici vanno poco meno di 200 mila dollari, mentre ai Repubblicani vanno ben 8 milioni. Intanto il razzismo miete ancora vittime sulle strade americane.