Lo stato del Kosovo pagherà le ammende inflitte dalla Fifa nei confronti dei giocatori svizzeri Granit Xhaka, Xherdan Shaqiri di origine kossovara e albanese, che avevano esultato durante la partita Serbia – Svizzera del mondiale Russia 2018 mimando con le mani il simbolo dell’aquila a due teste simbolo dell’Albania, dopo aver segnato contro la squadra della nazionale Serba

La FIFA ha inflitto a Xhaka e Shaqiri una multa di 8.500 euro ciascuno, mentre il ministro del Commercio e dell'Industria del Kosovo Bajram Hasani ha annunciato una donazione di 1.500 euro spiegando che i due giocatori, a suo parere "Sono stati puniti solo perché non hanno dimenticato le loro radici, non hanno dimenticato da dove vengono". Inoltre, ha anche aggiunto: "Il denaro non può pagare per la gioia che Granit Xhaka e Xherdan Shaqiri ci hanno dato festeggiando con il simbolo dell' aquila nella partita tra la Svizzera e la Serbia”. Davide Drago aveva già scritto su Sportallarovescia nel pezzo di qualche giorno fa “Serbia – Svizzera, esultanze e nazionalismo”, a proposito dell’esultanza dei due giocatori della nazionale svizzera, ma fortemente legate alle loro origini kosovare – albanesi. Riaffiorano i crismi del nazionalismo dei Balcani, che non ha mai smesso di influenzare la vita politica ed anche quella sportiva di quella terra, fino ad arrivare ad un palcoscenico internazionale come quello dei mondiali di calcio. Il primo riferimento che viene in mente pensando alle "invasioni di campo" dei conflitti a base sciovinista parlando di ex - jugolsavia sicuramente è quello alla partita giocata tra Dinamo Zagabria e Stella Rossa di Belgrado nel 1990, con gli scontri tra le tifoserie serbe e croate sfociati sul campo da gioco, in cui si registrò il calcio sferrato dall’allora giocatore della Dinamo, poi stella del Milan, Zvonimir Boban, nei confronti del poliziotto serbo che stava picchiando un tifoso croato.

Nei primi anni novanta la Croazia acquistava sempre maggiore indipendenza, dopo il crollo della Jugoslavia, ed i nazionalismi riaffioravano come risposta politica alla disgregazione del vecchio ordine politico, mettendo uno contro l’altro i popoli delle varie nazioni che lo componevano. Ed ancora oggi si soffre di questa affannosa ricerca identitaria. Nel suo libro “Il secolo breve”, Hobsbwam sottolineava come la scelta di promuovere da parte della Società delle Nazioni, guidata dagli Stati Uniti, la costituzione di stati nazionali basati su sentimenti etnici (così da far da argine alla possibilità che essi si potessero costituire sulla base delle idee rivoluzionarie – comuniste) creò le basi per i conflitti devastanti degli anni novanta nella ex – Jugoslavia; mentre oggi, le voci della sinistra radicale dei paesi balcanici sanno bene come le nazioni ed i nazionalismi che nacquero dopo la caduta della Jugoslavia furono favoriti da parte dell’occidente sulla base del principio “divide et impera”: i sentimenti nazionali per mettere i popoli gli uni contro gli altri e favorire le politiche di macelleria sociale a trazione liberista. Ma torniamo al calcio: è l’ottobre del 2014 quando si gioca la partita tra Serbia ed Albania valevole per le qualificazioni ad euro 2016: durante il match, un drone che porta il vessillo di una bandiera con su scritto “Kosovo Autoctono” sorvola il campo. Nasce una mega rissa tra tifosi in campo, i giocatori corrono verso gli spogliatoi.

Il Kosovo è uno stato indipendente dal 2008 (indipendenza dichiarata proprio nei confronti della Serbia) che i serbi però considerano come una costola del loro paese; nel nord del paese infatti vive una significativa fetta della comunità serba. Le tensioni hanno origini molto antiche e si sono ripetute nel tempo, tant’è che Ragip Xhaka, papà del giocatore dell’Arsenal e della nazionale svizzera (e di Taulant Xhaka, che gioca per la nazionale albanese), è stato detenuto per tre anni e mezzo per motivi politici per aver partecipato a dimostrazioni contro il governo jugoslavo in Kosovo. Era il 1986, da pochi anni era morto Tito e l’unità politica della Jugoslavia andava via via sbiadendo: in Kosovo ci furono grandi proteste, soprattutto da parte degli studenti delle Università, a difesa della popolazione albanese kosovara contro l’autoritarismo dello stato repressivo Serbo/Jugoslavo, e tra le migliaia di detenuti in carcere finì anche il padre di Xhaka, che alla fine della detenzione scappò via dal paese. Ma veniamo ad i fatti recentissimi di oggi, che spiegano in parte le “aquile” viste in campo al mondiale in Russia: lunedì 27 marzo 2018 la polizia kosovara ha fatto irruzione usando gas lacrimogeni e granate stordenti ed ha arrestato Marko Djuric, il responsabile del governo di Belgrado per ciò che concerne la situazione in Kosovo, a cui il governo kosovaro non aveva dato l’autorizzazione ad essere presente ad un convegno organizzato nel nord del paese, a Mitrovica. Una situazione che ha fatto schizzare la tensione tra i due paesi alle stelle, come hanno riportato i vari organi della stampa internazionale.