di Davide Drago

Era il maggio del 2018 e qualcosa, almeno per il calcio femminile, sembrava potesse cambiare. Le due serie di vertice, la A e la B, sarebbero dovute passare, con l’inizio della nuova stagione 2018-2019, dalla Lega Nazionale Dilettanti (Lnd) alla Federazione Italiana Giuoco Calcio (FIGC). La decisione era stata presa dal commissario straordinario Roberto Fabbricini e già a suo tempo la risposta del presidente della Lnd era stata molto dura.

Infatti, subito dopo la nota della FIGC il presidente Carlo Sibilia aveva dichiarato: «Siamo di fronte ad un'imposizione, calata dall'alto, senza alcun confronto. A breve la Lnd riunirà i propri organismi per le eventuali azioni nelle sedi opportune. Io mi auguro che molto presto un'assemblea elettiva possa chiudere questa gestione commissariale e restituire alla Federazione un Presidente e un Consiglio con pieni poteri, che valutino di revocare questa e altre decisioni infelici».

La decisione sembrava assodata e anche le motivazioni, successivamente riportate dalla federazione, davano buone speranze: «Considerato che, a decorrere dalla prossima stagione sportiva - è scritto nella nota della Figc -, l'attività nazionale di calcio femminile sarà strutturata su tre livelli e prevederà lo svolgimento del campionato di Serie A, del campionato di Serie B e del campionato Interregionale", il commissario straordinario ravvisa opportuno che "la Federazione, nell'ambito del progetto già avviato di sviluppo del calcio femminile assuma, attraverso l'inquadramento della Divisione Calcio Femminile, il ruolo di organizzatore dei campionati nazionali di serie A e B. Visto l'art. 10, comma 3 dello Statuto federale delibera di inquadrare, a decorrere dall'inizio della stagione 2018/2019, la Divisione Calcio Femminile, per le attività del Dipartimento Calcio Femminile, nella Federazione Italiana Giuoco Calcio, delegando alla Lega Nazionale Dilettanti, sino a diversa determinazione, l'organizzazione del torneo interregionale».

La Lnd ha pure, un mese fa, presentato un ricorso al tribunale federale che è stato rigettato, grazie anche all’intervento di tredici società: ASD AGSM Verona CF, ASD Femminile Inter Milano, ASD Mozzanica, ASD Pink Sport Time, CF Florentia SSDARL, FC Juventus Spa, Fiorentina Women’s FC SSD ARL, Sassuolo Calcio Femminile, SSD Roma Calcio Femminile Srl, SSDARL Empoli Ladies, SSDARL Fimauto Valpolicella, UPC Tavagnacco e US S. Zaccaria.

Luglio 2018, neanche a due mesi di distanza da quella “storica” decisione si fa dietro front. Un passo avanti, due indietro. Il nostro calcio è prigioniero dell’immobilismo e non vede nessuna luce alla fine del tunnel. Due grandi riforme, come il passaggio dell’élite del calcio femminile al professionismo e il progetto relativo alle seconde squadre, sembravano in rampa di lancio finché l’illusione non si è scontrata con l’amara realtà dei fatti. La Corte Federale ha deciso di “rispedire” il calcio femminile dalla Figc. Uno schiaffo a un movimento in grande crescita. Con la Nazionale in qualificata al mondiale 2019, proprio nell’anno del fallimento della nazionale maschile, Il passaggio alla Figc sarebbe stato un ulteriore trampolino di lancio e di sviluppo per il movimento femminile. Ma il problema resta a monte ed è culturale: la legge del Coni 91/1981 stabilisce che lo sport professionistico a livello femminile non esiste. E questa è la prima grande forma di discriminazione verso i colleghi maschi.

Sibillia è ovviamente intervenuto sulla questione e ha dichiarato di essere disponibile al confronto, ma, ma la Lega Nazionale Dilettanti deve essere rispettata. Il presidente ha dichiarato con forza che l’impegno profuso dalla LND per il calcio femminile, sia in termini di risorse che di strutture messe a disposizione del movimento è stato massimo. Di questo avviso non sono le società sportive, soprattutto le più blasonate che hanno investito molti soldi per il rinnovamento delle squadre e non hanno ricevuto, secondo loro, un atteggiamento favorevole dalla Lnd. I fatti però dimostrano il contrario, sono poche le risorse investite per un movimento che è lentamente cresciuto, basti pensare che nel 2006 nella finale di Coppa Italia alla premiazione mancava addirittura la coppa. Perdere adesso un movimento in grande crescita e che attira sempre più pubblico e sponsor e che sta sviluppando dei settori giovanili femminili rischia di creare un danno economico. 

In rete l’attaccato al presidente Sibillia è stato netto. Il primo tweet è stato lanciato dal giornalista Andrea Canton «Sono professioniste, non dilettanti #sibiliagiùlemani dal calcio femminile!!. La calciatrice Rose non le manda a dire e va diretta con una lettera pubblicata sul suo profilo twitter in cui scrive: «Vi proclamate da sempre grandi sostenitori del calcio femminile, ma quando c’è la prima grande svolta vi comportate così. L’Italia non sarà mai pronta a trattare il calcio femminile come merita fino a quando gente come voi metterà il bastone tra le ruote al progresso. Che schifo».

Non sarebbe stata la svolta, ma sicuramente sarebbe stato un primo passo. Pian piano il calcio femminile sta iniziando ad avere visibilità e se ne parla sempre di più. Tutti si lamentano che siamo indietro rispetto agli altri paesi europei ma poi si comportano da dilettanti e sono orgogliosi di esserlo. Sembra paradossale, ma è un classico comportamento del tutto italiano.