I mondiali da poco trascorsi di Russia 2018 hanno registrato un protagonismo mediatico dei balcani, grazie alla performance della Croazia guidata dal suo capitano Luka Modric. Inoltre, a chi ha visto anche la partita tra Svizzera e Serbia non è sfuggita la rimarcata esultanza dei giocatori di origine kosovara, dopo i gol segnati, nei confronti dei giocatori serbi. Abbiamo parlato di temi relativi a questi eventi con Ivan Ergic, ex giocatore professionista:ha giocato in Svizzera nel Basilea di cui è anche stato capitano, ha giocato in Turchia nel Bursaspor ed ha partecipato ad i mondiali di calcio di Germania 2006 giocando una partita e mezzo nella sua nazionale, la Serbia, a quei tempi allenata da Petkovic. Oggi interviene da marxista nel dibattito pubblico serbo scrivendo quotidianamente sul giornale “Politika”, a volte sul settimanale “NIN” e per il giornale svizzero “TagesWoche”. Gli abbiamo rivolto alcune domande sul mondiale appena trascorso.

 

La Croazia, squadra di una nazionale proveniente dai Balcani, ha raggiunto la finale di Russia 2018 meritatamente. In molti però hanno potuto osservare alcune esultanze negli spogliatoi (riprese e trasmesse dai cellulari) alla fine di alcune vittorie dei match del mondiale, all’insegna del nazionalismo. Il difensore Vida ha esclamato “Gloria all’Ucraina”, strizzando l’occhio all’estrema destra di quel paese, mentre un altro difensore, Lovren, ha cantato in diretta "BojnaCavoglave", canzone sciovinista della storia recente della Croazia. Cosa pensi di questo?

La banalizzazione del nazionalismo è molto pericolosa, e si sta normalizzando in questo modo. Sta adottando molte forme, da provinciali e folcloristiche a più "universalistiche" e cerimoniali, come si vede con le tifoserie della classe media che possono viaggiare per seguire gli eventi e si uniscono a tutto questo carrozzone. Il miglior esempio di sintesi di tutti i modi in cui si esprime il nazionalismo è l’attuale presidente croato. Il pericolo è che nel fatto che ogni stato nazionalista o tirannico conta, non con un piccolo numero di nazionalisti convinti, ma con il supporto di masse apolitiche che sono de-privilegiate e senza diritti. L'estrema destra può solo strumentalizzare questa situazione per i propri fini politici. Per quanto riguarda i giocatori, essi sono cresciuti in una certa cultura politica e in circostanze sociali che sono anormali. Al di là di ogni cosa, la maggior parte dei calciatori in tutto il mondo manca di educazione e sensibilità politica, e viene istruita a comportarsi in maniera conformista, e nel caso della squadra nazionale, sotto una costante pressione di non essere riconosciuti come abbastanza patrioti. Ecco perché vedi quei giocatori che hai menzionato in quel modo, dimostrando tutto ciò: si tratta più di conformismo, paura e mancanza di capacità sociali. In altre parole, spero che non sembri troppo duro, sono degli idioti politici. E c’è bisogno di questo, perché essi possano essere nel modo più semplice strumentalizzati dalla propaganda politica o economica. Non hanno idea della storia e della sensibilità politica. Nei Balcani, ma soprattutto in Croazia, direi che la squadra nazionale ha un sapore molto nazionalista, e alcuni arrivano a dire che la squadra nazionale è l'ultima istituzione Tudj - manista in Croazia. Il primo presidente croato (Tudjman ndr) è andato stava per rinominare un club (Dinamo Zagabria) nel nome di un paese (Croazia Zagabria), che è davvero un

precedete nel mondo

 

Si è parlato molto della prestazione positiva di Luka Modric ai Mondiali, capitano della Croazia, spesso indugiando sulla narrazione della sua vita personale, quando era un bambino che giocava a calcio tra le rovine della guerra balcanica degli anni '90, sperando di riscattarsi attraverso il calcio. Quanto sei stato condizionato dal contesto politico da cui vieni nella tua storia personale e calcistica?

 

La mia storia è molto simile a quella di Luka, siamo addirittura venuti dalla stessa regione... anche io sono andato con mio nonno dopo le pecore, sulle colline rocciose della Dalmazia... ovviamente si tratta di un grande successo, ed è una bella storia per romanticismi sentimentali. La Fifa ed i giornalisti naif rappresentano questa pellicola, per dimostrare che tutti possono percorrere questa strada solo se hai talento e volontà. Il calcio vuole mostrare la storia del successo, che è attraente e sexy, e persino promuoversi come un’industria che può portare milioni di bambini fuori dalla povertà. Ma ci sono statistiche che dimostrano che per ogni giocatore di calcio che riesce a farcela, ci sono circa 12 000 che non ce la fanno. E a nessuno importa di loro, sono totalmente sconosciuti per la società, solo perché «il vincitore prende tutto». Questo è esattamente il punto in cui vedi come il calcio e le sue istituzioni sono diventati ingannevoli e falsi. È pura ideologia del capitalismo neoliberale e l'uguaglianza della chance è una menzogna.

 

 

Se è vero che i calciatori di talento provenienti dai Balcani sono in grado di raggiungere grandi obiettivi, qual è la situazione degli altri giocatori e degli altri atleti sportivi?

La Serbia e la Croazia, insieme ad altri paesi della regione, sono molto orgogliose dei risultati sportivi, e in particolare gli sport collettivi sono molto popolari. Non ci sarebbe nulla di sbagliato in questo, se però vivessimo in paesi normali e se ci fosse una sana ricerca di valori e priorità. Ok, abbiamo Goran Bregovic, Emir Kusturica o Novak Đoković, ma siamo ancora paesi della periferia con grandi carenze in economia, infrastrutture, scienza, cultura, ecc. Il bello del successo nello sport è che dimostra che siamo capaci di costruire qualcosa, che abbiamo potenziale e risorse umane. Solo che non li stiamo investendo adeguatamente

 

Cosa ne pensi dell'esultanza di Shakiri e Xhaxa durante la partita tra Svizzera e Serbia, che dopo aver segnato contro la Serbia, hanno fatto il segno dell'Aquila con le loro mani, in riferimento alle loro origini kosovare? Come pensi a questa esultanza e come pensi che sia stata percepita in Svizzera? A proposito, tu sei stato capitano del Basilea, giocatore di origine balcanica: come ti sei sentito quando hai giocato in Svizzera?

 

Ero realmente in Svizzera quando si svolse la partita tra Svizzera e Serbia, e fui anche coinvolto nella discussione pubblica, che riguardava principalmente la lealtà e l'integrazione degli stranieri nelle loro squadre. Lo stesso di cui si è parlato come nella faccenda di Ozil in Germania, per intenderci. È stato piuttosto insolito per la Svizzera avere un tale disorientamento pubblico emotivo, e tu vedi appunto come stanno andando le cose: le persone stanno diventando più irrazionali e frustrate. Per quanto riguarda il gesto, ovviamente è stata una provocazione per i serbi, ma anche per la comunità dei serbi nella stessa Svizzera, che vede anche la squadra nazionale svizzera come propria. Come ho già detto per i giocatori croati, prima, o per i giocatori del Serbia, in alcune precedenti occasioni, anche qui posso dire che i calciatori non sono dotati di quel tipo di abilità per capire i contesti e le conseguenze. Agiscono populisticamente e istintivamente. Personalmente in Svizzera non ho avuto esperienze negative come giocatore. Anzi, forse è interessante menzionare che quando ero capitano al Basilea, avevamo 8 giocatori della ex – Jugoslavia e ci hanno addirittura denominato in modo scherzoso “Baselic”. Ha aiutato il fatto che sono cresciuto nello spirito