Più di un tempo in silenzio, avremmo dovuto stare. Sono più di cinquanta i caduti italiani nel solo Afghanistan, in tutti questi anni. Più di cinquanta. E da noi si usa così.

Si parla poco e male di guerre che dopo un minuto che sono dichiarate tutti vorrebbero già dimenticare. Ma dopo ogni caduto il cerimoniale è sempre lo stesso. E negli stadi italiani si compie il rito del minuto di silenzio. E devo dire che dopo tanto training (perdonate l’amara ironia) non c’è uno stadio in cui questo avvenga come chi li indice vorrebbe. Un altro macabro cerimoniale, verrebbe da dire. Macabro e alquanto ipocrita. Le curve in generale fanno silenzio solo quando protestano. E anche a questo arriviamo. Ma il resto dello stadio? Se si è seduti in tribuna stampa si può notare che la maggior parte dei radiocronisti non rispettino questa consegna, e questo genera il primo disturbo. Poi c’è chi parte con l’applauso, quelli che gli vanno dietro, e quelli che per chiedere che tutti se ne stiano zitti fanno ancora più baccano.

 

Questo a Padova. A Bologna forse peggio. La parte di Ultras dell’Inter, quelli più vicini alla destra e che quindi per amor patrio dovrebbero stare proprio sugli attenti, in certi momenti, non si sono accorti di quanto stava accadendo e sono partiti con un coro. La parte meno politicizzata, o meglio politicizzata, fate voi, era tra l’imbarazzo e l’incredulità. Lo stadio quindi ha reagito con altro trambusto e quando sembrava tutto a posto non spunta Diamanti che in ritardo raggiunge il cerchio di centrocampo lamentandosi con l’arbitro per avere dato il via senza averlo aspettato?

Ho assistito una volta a un Inter - Juventus in cui addirittura un tifoso nerazzurro approfittò della situazione, l’assoluto silenzio che per una volta si era ottenuto, per dire a Cannavaro ciò che lui e tanti dei presenti pensavano dell’ex capitano della Nazionale. Echeggiò per tutto lo stadio.

A Livorno, sempre in questo turno di campionato, la curva amaranto ha invece deciso di dare le spalle al campo. Per dissenso contro la guerra. E l’hanno fatto in silenzio, sottolineo. Critiche a non finire, naturalmente, e ovvia è scattata la richiesta di Daspo.

Ma Daspo per cosa? Per avere espresso un giudizio politico? Fallito il progetto tessera del tifoso, rimane solo quello, ormai. Che dimostra ancora una volta che lo stadio è solo un pretesto, ed è ad altro che si mira. Gli Ultras Padova hanno fatto venticinque minuti di sciopero contro la decisione di punire coloro che sono stati raggiunti dal provvedimento. Cos’hanno fatto di così grave? Sono andati alla stadio con tanto di tagliando acquistato ma senza la tessera del tifoso. Qui c’è qualcosa che non va, che non torna. Ma che senso ha punire coloro che gli stadi li riempiono? Ma interessa davvero avere la gente allo stadio? Mi viene qualche dubbio, che ieri la giornata che ho passato al Dall’Ara di Bologna ha alimentato. Ci torneremo nei prossimi giorni.

Ultima cosa, che rafforza sempre più la mia idea che il calcio è soprattutto ostaggio dell’ipocrisia.

Lo avrà di sciuro già detto qualcuno, ma per fortuna tra una cosa e l’altra non ho visto molto calcio in Tv in questo week end. Di più allo stadio. Durante Bari – Padova di sabato, c’è stato un episodio simile a quello che si è verificato a Catania, al momento della rete annullata ai padroni di casa, contro la Juventus. Io ero in tribuna stampa e potendo sbirciare dai monitor di quelli che la partita la mandano in diretta Tv, ho saputo prima della terna, come erano di fatto andate le cose. Un minuto di confronto da parte di arbitro, guardalinee e quarto uomo per decidere di qualcosa di cui non si può essere certi. Noi in tribuna stampa e peggio ancora chi la stava seguendo in Tv, ne sapevano di più di chi doveva decidere. Non si farebbe prima con la tecnologia?