Di Ernesto Milanesi
In redazione, nutro il sottile piacere del “confronto” con un direttore bolognese che – forse, non per caso – è di quella squadra che nemmeno va nominata (ma lui ha una figlia che ha capito quant’è meglio essere dei nostri…).
Al manifesto, invece, sembra non essere intuitiva l’analogia fra l’ostinazione da “quotidiano comunista” e il basket come gioco del destino. Avevo segnalato questo:
6 ottobre 2013, Bologna, palasport piazzale Azzarita: oltre 4 mila «militanti» per una partita di basket di quarta categoria. La rinascita della Fortitudo con il suo popolo parla alla… sinistra meglio di qualsiasi raffinata analisi politica. F, una fede che è riassunta qui (www.fdl1970.net) e raccontata qui.
F, il basket che rimbalza al di là di Bologna. F come Fortitudo: tutto il resto è, comunque, un’altra storia…
La “rinascita” arriva sull’onda di tre anni di delusioni.
Una diaspora che diventa esodo con il fallimento. Fino all’ingovernabilità condita da faide, carte bollate e rancori. Insomma, una sorta di allegoria. C’era una volta l’Aquila: senza l’emblema nessuno sa più far volare nemmeno un aeroplanino di carta. La F biancoblù rappresentava molto più di un simbolo identitario nell’altra Bologna e nel basket italiano.
E la partita del parquet era soltanto il pretesto di sentirsi davvero parte: quelli che hanno visto giocare il Barone Schull;
l’adozione di Teo Alibegovic nella Fossa dei tifosi; l’eterna sfida al potere con Carlton Myers che porta il tricolore a Sydney;
gli ignoranti che tirano all’impossibile come capitan Basile
e gli «utopisti» che rivincono all’ultimo decimo di secondo con Ruben Douglas.
E adesso in DNB, «per amore, solo per amore», continua la processione laica. Un vero e proprio miracolo di devozione alla causa: 3.000 abbonamenti. L’esplosione corale della fedeltà popolare, della filosofia di vita, della felicità consonante.
La F è tornata in gioco: non importa se fra in quarta serie invece che in serie A. «Dunque, dov’eravamo rimasti?». Ecco, una metafora da studiare. E’ la storia di un popolo. Il basket che ci parla ancora di emozioni collettive. E di una rinascita nel solco preciso dell’orgoglio. La Fortitudo si tifa perché priva della…virtù dei compromessi.
Meglio urlare ancora «Non abbiamo mai vinto un cazzo». O applaudire la Fossa che, dopo un po’, “copre” Mameli. Ed essere ancora lì a vedere ancora cose così…