Riguardo alle due giornate organizzate dalla Uefa a Roma sul tema delle discriminazioni nel calcio e alle quali abbiamo partecipato come Polisportiva antirazzista Assata Shakur e come Sport alla Rovescia, abbiamo già redatto dei resoconti sui dibattiti ai quali abbiamo assistito, in modo il più possibile oggettivo (qui e qui). Intendiamo ora fare delle considerazioni, guardando alla Uefa Respect Diversity dalla nostra prospettiva, quella delle realtà dal basso, che praticano quotidianamente lo sport popolare e antirazzista, producendo campagne e modificazioni sia nel territorio in cui agiamo, sia all'interno delle istituzioni sportive che dovrebbero tutelare questi argomenti. Se da un lato ci pare fondamentale che anche dall’alto si riconosca il problema delle discriminazioni nel calcio, con l’intenzione di mettere in pratica piani d’azione concreti, dall’altro non possiamo non riconoscere una distanza dal territorio e dal tessuto sociale. A Roma si è discusso tanto di lotta al razzismo, all’omofobia, al sessismo e di tutela delle minoranze, ma dal nostro punto di vista la discussione è sembrata piuttosto debole, così come le proposte scaturite per innescare un reale rinnovamento.
Per fare un esempio, molto si è parlato di quote rosa per permettere l’ingresso nelle dirigenze dei club anche alle donne e alle minoranze, ma poco dei problemi che questi affrontano nella pratica dello sport, a cominciare dall’accesso a essa, come ha sottolineato anche Daniela Conti della Uisp, a conclusione del workshop da lei presieduto, riferendosi alle difficoltà burocratiche che si incontrano nel tesserare richiedenti asilo e immigrati. Inoltre una domanda dal pubblico ci ha particolarmente colpito, ovvero quella riguardante il crescente accesso negato allo sport per motivi economici. Un inevitabile e molto amaro sorriso quando Andrea Agnelli ha voluto dare una risposta a tale domanda, propagandando il suo programma che permette la scuola calcio ad alcuni bambini talentuosi, che non possono permettersela.
Al livello della discussione concernente lo sport professionistico, è sicuramente importante l’impegno della Uefa nell’affrontare il tema delle discriminazioni nel calcio, ma abbiamo avuto la conferma della scarsa applicazione delle sue direttive da parte della maggior parte delle federazioni nazionali, soprattutto da parte della Figc.
I differenti punti di vista emersi hanno inoltre fatto notare come il dibattito riguardante gli episodi razzisti negli stadi sia una questione particolarmente viva. La UEFA ha prodotto e fatto circolare un libretto con i simboli vietati allo stadio, tra cui sono riportati anche quelli di organizzazioni italiane di estrema destra come Forza Nuova e Casa Pound, eppure non ci sembra che l’Italia si prodighi per seguire queste direttive. Siamo consapevoli che le attuali politiche di tolleranza zero siano un'arma a doppio taglio sul tema della repressione e che colpiscono non solo i responsabili degli episodi razzisti, come denunciato dai rappresentanti di alcune delle tifoserie europee presenti all’evento romano. La via presa dall’Italia ci sembra però ancora una volta lontana anche solo dal dibattere sulla questione.
A tal proposito ne abbiamo parlato con Mauro Valeri, presente agli incontri in quanto responsabile dell’Osservatorio su razzismo e antirazzismo nel calcio, che ha ribadito come «il fatto che la Uefa abbia dedicato questa due giorni al tema delle discriminazioni nel calcio è un dato importante, soprattutto perché si è tenuta in Italia, Paese che è nell’occhio del ciclone, come ha ricordato lo stesso Platini accennando alle battute razziste di Tavecchio. L’assenza di persone della Figc alle plenarie è indicativa del ritardo che c’è nel nostro Paese nel voler affrontare il fenomeno.
Riguardo alle attuali politiche di tolleranza zero è vero che rischiano di penalizzare persone che non hanno niente a che fare con il razzismo, infatti alla due giorni romana è emerso come sia necessario evitare misure che tendono a generalizzare e come invece si dovrebbero ad esempio sostenere quelle tifoserie che portano avanti al loro interno azioni mirate a contrastare fenomeni di discriminazione. Nonostante questo, nei campionati europei le politiche di tolleranza zero hanno sortito degli effetti positivi. In Italia nell’anno 2013-14, in cui è stata adottata la politica della tolleranza zero, gli episodi razzisti nei campionati professionistici sono diminuiti, pur colpendo interi settori, dove i responsabili sono una minoranza. Eppure la scelta attuale del presidente Tavecchio dimostra che in Italia manca l’attenzione ai dati reali, infatti si è tornati alla politica delle ammende, che in passato ha prodotto ben pochi risultati positivi.
Qualcosa si muove invece nel nord Europa, dove si sono messe in pratica esperienze positive, come ha testimoniato la Federazione calcio olandese, che sta mettendo in pratica una serie di azioni contro l’omofobia. Immaginare che Tavecchio e Conte, come hanno fatto i loro corrispettivi olandesi, partecipino al gay pride è pura fantascienza!
Il lavoro che spetta a Fiona May sarà importante, ma molto difficile, dubito che riuscirà a cambiare qualcosa, vista l’attuale impostazione della Federazione e delle società.
Al di là del calcio professionistico, andrebbero inoltre valorizzate le esperienze di coloro che conducono questa lotta nei territori e fanno del calcio un’esperienza di integrazione, ma oggi la via sia della Federazione calcio che delle società è quella del business e del calcio professionistico. Mentre se ti occupi di calcio devi necessariamente preoccuparti del sociale».
Riteniamo fondamentale che il tema in generale venga affrontato a vari livelli e da differenti angolature. Per questo crediamo che anche noi possiamo giocare una partita importante. E' indispensabile mettere a sistema le nostre esperienze con quelle di molti altri in Europa, per provare a creare un discorso e un'azione comune che impressioni positivamente chi in alto riveste determinati ruoli. Continueremo per questo ad agire, per farci sentire e essere protagonisti di azioni concrete e perciò trasformatrici. Urge confrontarci molto praticamente sule proposte e le soluzioni che riteniamo debbano essere un riferimento e un orientamento per chi come noi crede che il calcio non sia solo intrattenimento, ma anche se non soprattutto, specchio nel bene e nel male di tutti i bisogni e le contraddizioni del nostro tempo.