L'attacco fascista alla redazione di “Charlie Hebdo” ha scosso tutta l'Europa e non solo. Anche nel mondo dello sport sono stati tanti i “Je suis Charlie”, dalle dichiarazioni dell'allenatore della Roma, Rudi Garcia, alla maglietta della Lazio durante il derby di domenica scorsa.
In Francia è stato osservato un minuto di silenzio prima dell'inizio di ogni partita e il Paris Saint Germain ha diffuso una foto, in cui tutte le magliette dei giocatori avevano stampato il nome “Charlie”. Si è trattato di un bel gesto, peccato però che questa significativa immagine non sia stata pubblicata nella versione indonesiana ed araba del sito ufficiale della squadra parigina e il giorno dopo, a Bastia, il Psg sia sceso in campo con la tradizionale divisa senza la scritta “Charlie”.
Per il team parigino la trasferta in Corsica è stata negativa, sia sul campo a causa della netta sconfitta per 4-2, sia per l'esposizione dello striscione “Le Qatar finance el Psg... et le terrorisme (Il Qatar finanzia il Psg e il terrorismo)”, esposto dalla curva del Bastia.
Infatti dal 2011 il presidente del Paris Saint Germain è Nasser Al-Khelaifi, uno dei più importanti manager sportivi mediorientali e uomo di fiducia del principe erede Tamin bin Hamed Al Thani del Qatar. E' da alcuni anni che gli emiri stanno investendo centinaia di milioni di euro nel mondo dello sport, sia portando grandi eventi sportivi in patria, i mondiali del 2022 su tutti, sia cercando di conquistare il business del calcio europeo. Nel 2010 sono stati spesi 36 milioni di euro per acquistare il Malaga, nel 2011 quasi 200 milioni tra acquisto delle quote e campagna acquisti per il Psg ed infine 166 milioni in cinque anni per sponsorizzare il Barcellona. Altro obiettivo è il business della pay-tv: Al Jazeera, di cui Al-Khelaifi è direttore generale del settore sportivo, nel 2012 ha speso 151 milioni di euro per acquistare i diritti televisivi della Ligue 1.
In realtà la non pubblicazione della foto “pro-Charlie” nella versione indonesiana e araba del sito ufficiale del Paris Saint Germain, non è il primo caso di questo tipo in Europa. Infatti nel 2012 , la piccola croce cattolica non appariva nello stemma del Real Madrid durante l'inaugurazione del cantiere del resort turistico di lusso “Real Madrid Resort Island” negli Emirati Arabi. La strategia di marketing del club madrileno non prevede la presenza della croce per le attività commerciali e di sponsorizzazione nei paesi a maggioranza musulmana.
In nome del calcio-business dei petrodollari, si sfruttano i lavoratori migranti, fino a causare la morte di 1200 operai (principalmente nepalesi) nei cantieri degli stadi per il mondiale del 2022 nel Qatar. Si spenderanno 36 miliardi di euro per un mondiale, che non potrà mai essere disputato in estate e ciò avrà l'immediato effetto di stravolgimento dei calendari dei campionati nazionali.
Lo striscione dei tifosi del Bastia ha il merito di mettere in evidenza l'ipocrisia di questo modello di calcio, ma non solo, infatti è la stessa ipocrisia del cordone di capi di stato e leader mondiali, scesi in piazza a Parigi domenica scorsa, o di razzisti come Salvini, che dichiara “Siamo tutti Charlie Hebdo”. Dopo i fatti di Parigi, c'è il rischio di un aumento del sentimento islamofobo e razzista nelle nostre città, che va assolutamente combattuto.
Questi fenomeni nascono oppure trovano terreno fertile nelle curve di estrema destra europee. Lunedì 12 Gennaio a Dresda 25.000 persone hanno sfilato alla manifestazione contro l'islam organizzata da PeGiDa (Patrioti europei contro l'islamizzazione dell'Occidente), organizzazione di estrema destra nata il 20 ottobre 2014. Questo movimento xenofobo nasce e si sviluppa in una Germania, che ha visto nel'autunno scorso due manifestazioni di piazza degli HoGeSa (Hooligan contro i salafiti), network di gruppi hooligan tedeschi di estrema destra. La prima a Colonia, il 20 ottobre, di 5000 persone, la seconda ad Hannover di 3500 hooligan neonazisti, che ha trovato la determinata opposizione di realtà antifasciste.
Per quanto riguarda l'Italia, un primo piccolo, ma significativo, esempio, si è verificato proprio domenica scorsa durante la partita Sant'Ignazio-Polisportiva San Precario, svoltasi a Montà, valevole per la Coppa Padova della Terza Categoria Figc. I tifosi locali hanno cominciato ad insultare con cori razzisti l'arbitro di origine africana. Pronta la reazione dei supporters della San Precario, che hanno zittito subito gli spettatori locali, i quali hanno subito tirato fuori una bandiera della Lega a mo' di provocazione. Al termine della partita è arrivato pure Saia, assessore alla sicurezza della giunta Bitonci, tristemente famoso per le sue politiche securitarie contro i migranti.
L'intervento dei supporters della San Precario dimostra come all'interno della nostra società l'idea di uno “sport per tutti” può e deve essere un'importante parte attiva nella costruzione degli anticorpi all'islamofobia, al razzismo e ai fondamentalismi.
Un po' come sta facendo, proprio a Parigi, il “Ménilmontant Football Club 1871”, squadra di calcio popolare nata nel quartiere multiculturale di Ménilmontant, per “promuovere legame sociale tra le persone in grado di raccogliersi, da diverse culture e diversi orizzonti, intorno a valori e obiettivi comuni” come recentemente ci hanno raccontato in un'intervista pubblicata sul sito di Sport alla rovescia.