Di Teo Molin Fop
Tifo Vicenza fin da bambino. Ho passato l'infanzia e l'adolescenza con i gol di Otero, Murgita, Di Carlo e con un presidente tifoso, focoso e un po' robin hood, d'altri tempi. A vent'anni di distanza, mi viene la pelle d'oca se rivedo su youtube il gol di Maurizio Rossi al 118° con cui abbiamo vinto la Coppa Italia e ancora oggi mi cambia l'umore se per sbaglio mi viene in mente che siamo usciti dalla semifinale di Coppa Coppe per un gol di testa di Zola.
In queste settimane su sportallarovescia.it stiamo cercando di aprire un dibattito sulle prospettive future del calcio italiano a partire dall'azionariato popolare. Ieri abbiamo raccontato di come in Inghilterra i tifosi del Clapton abbiano rilevato la squadra per evitarne il fallimento. Ma in Italia?
Su un precedente articolo sul modello tedesco del 50%+1 ho scritto che paradossalmente è la mentalità dei tifosi italiani ad essere l'ostacolo maggiore alla diffusione nel nostro paese di una riforma ispirata al 50%+1, in quanto ancora legati “alla speranza nell'arrivo di un miliardario pronto a spendere milioni di euro per far grande la nostra squadra del cuore.” In questi giorni ne ho avuto una dimostrazione pratica.
A gennaio il Vicenza è fallito a causa di una gestione societaria imbarazzante da parte di alcuni imprenditori locali, che in 14 anni hanno pensato bene di utilizzare il “Lane” solo per interessi privati, andando a rovinare la gloriosa storica calcistica di un patrimonio collettivo di tutta la provincia. Alcuni anni fa anche a Vicenza si tentò un esperimento di azionariato popolare, creando la cooperativa “La nobile provinciale”, ma non decollò. In questi mesi, seppur timidamente, si è finalmente tornato a parlare in città di controllo dei tifosi sul club e perfino l'ex sindaco Variati si era sbilanciato sull'idea di una forma di azionariato popolare per il futuro del Vicenza. Tuttavia con la notizia della volontà di Renzo Rosso, patron della Diesel e proprietario del Bassano Virtus, di acquistare il Vicenza, il dibattito sull'azionariato popolare è sparito completamente e ora che l'acquisizione del “Lane” da parte di Rosso è diventata realtà, in città si è creato un entusiasmo acritico, anche se questo vorrebbe dire fondersi con il Bassano Virtus.
Anche se i dettagli precisi della – come l'ha definita lo stesso Rosso su instagram - “Lanerossi Vicenza + Bassano Virtus= new adventure” non sono ancora emersi, sembra che avverrà il trasferimento in blocco di tutto lo staff dirigenziale e tecnico e dei giocatori del Bassano a Vicenza.
Insomma il controllo dei tifosi sul club non è più una priorità e si sarebbe pure disponibili a sacrificare un po' dei propri colori e della propria storia, pur di tornare a vincere. Si sta verificando più o meno la stessa situazione di 5 anni fa, quando l'allora patron della Giacomense (in Lega Pro), squadra grigiorossa di Masi San Giacomo, piccolo paese ferrarese, fece la fusione con la Spal (in D), portandosi a Ferrara tutto lo staff della Giacomense. Quello vicentino però è un caso un po' diverso, prima di tutto da un punto di vista simbolico e poi perchè sarebbe una fusione tra due squadre della stessa categoria e rappresentanti di due realtà territoriali distinte. E' lo stesso Stefano Rosso, figlio di Renzo, a spiegarlo in una lettera rivolta ai tifosi del Bassano, che ovviamente e giustamente non hanno preso benissimo l'idea di sparire dal mondo del calcio:”Nel mondo moderno di oggi, le società piccole devono aggregarsi con quelle grandi e questo è un “must” per la sopravvivenza. Vediamo quindi nella creazione della squadra della provincia un’opportunità incredibile per poter diventare una società modello del calcio italiano. “
A questa cosa della squadra di provincia non ci crede nessuno: a Bassano stanno già pensando di ripartire con una nuova squadra giallorossa o in D o in Eccellenza, per mantenere il calcio in riva al Brenta. Mentre in riva al Bacchiglione, se il Vicenza non fosse fallito e invece godesse di buona salute societaria, a nessun tifoso biancorosso sarebbe venuta mai in mente l'idea di sostenere la fusione col Bassano per creare un'unica squadra della provincia con, riprendendo le parole di Stefano Rosso “– la prima squadra giocherà in casa al Menti di Vicenza e avrà la divisa Biancorossa;
– quando la squadra giocherà fuori casa avrà una divisa che terrà conto di entrambe le società ma che avrà principalmente i colori attuali del Bassano;
– la denominazione sociale punterà su un nome collegato alla storia, ma richiamerà poi elementi di entrambe le società “.
Stefano Rosso scrive poi che bisogna mettere da parte il senso di appartenenza per avere un progetto ambizioso e “adeguato alla globalizzazione estremamente importante per la sopravvivenza” , in quanto “le realtà piccole avranno sempre meno futuro”.
Vedendo i continui fallimenti di club in Serie C, forse l'analisi di Rosso è corretta, ma è questo il futuro del calcio che vogliamo? Un calcio gentrificato dove aumenta sempre più il divario tra i grandi e i piccoli club? E' più importante sperare di tornare a vincere dopo anni di delusioni ed umiliazioni o provare a gettare le basi per un cambiamento radicale del calcio italiano rimettendo al centro il tifoso e le sue esigenze?
Il dibattito all'interno della tifoseria biancorossa e l'entusiasmo acritico di buona parte di essa per l'arrivo di Rosso dimostrano che in Italia la strada verso forme di azionariato popolare o “alla tedesca” è ancora molto lunga.