Una notizia scioccante, la velocista giamaicana Veronica Campbell-Brown è risultata positiva a un controllo anti-doping. La notizia fa il giro del mondo perché costei è campionessa del mondo e due volte medaglia d’oro alle olimpiadi. Capisco che si dia la notizia, ma perché definirla uno shock? La Giamaica ha avuto da tanti anni buoni velocisti, come molte isole caraibiche che mandano gli atleti miglioria perfezionarsi negli Stati Uniti, dove risiedono i migliori velocisti al mondo, e per i quali credo che le sostanze dopanti vengano messe anche nei cereali. Non vorrei sbagliare, ma esiste una linea di cereali per futuri campioni, che ha, nell’elenco dei valori nutrizionali e delle vitamine possedute anche creatina, ormone della crescita e qualcosa d’altro. Non è vero che esiste, ma avrebbe sicuramente successo. Comunque la Giamaica all’improvviso domina: cento metri maschili e femminili, duecento metri maschili e femminili, staffette maschili e femminili. Cosa sarà successo?

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Riccò

Volevamo segnalarvi un articolo estratto da Repubblica del giornalista Eugenio Capodacqua.

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Carlo Petrini al Festival di Sherwood

E’ una serata calda dello scorso giugno. Sono al telefono con Carlo quando mi confida che di lì a una decina di giorni si dovrà sottoporre a un delicato intervento alla testa. Mi ripete che è una cosa che deve fare ma non sa poi, dopo l’intervento, cosa succederà. E mi dice: “Perché non vieni a farmi una bella intervista? Un video. Sai, non so come andrà questo intervento, e mi piacerebbe farla con una persona di cui mi fido. Ne ho fatte tante, è vero, ma tutte hanno omesso delle cose, hanno tagliato pezzi che invece avevano una loro importanza per me, e questo non mi sta bene”.

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Mentre Roberto Mancini riapre un anacronistico dibattito sulla presenza o meno degli oriundi nella Nazionale italiana di calcio, arriva la notizia dell'inizio dell'iter di approvazione di una proposta di legge sulla cittadinanza sportiva per i figli dei migranti nati in Italia o arrivati nel nostro paese entro i 10 anni d'età. Si tratta di un provvedimento presentato da alcuni parlamentari nel gennaio 2014 e che, dopo la relazione favorevole della relativa commissione in dicembre, ha ricevuto la “benedizione” da parte del Governo attraverso un tweet del sottosegretario Del Rio.

Il contenuto di questa proposta prevede che per i figli dei migranti nati in Italia o arrivati in Italia entro i 10 anni, “possono essere tesserati a società sportive appartenenti a federazioni nazionali o alle discipline associate o presso enti o associazioni di promozione sportiva con le stesse procedure previste per il tesseramento dei cittadini italiani”. E' una svolta storica.

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E' ormai da troppo tempo che nel nostro paese si discute sulla cittadinanza da conferire ai bambini nati da genitori stranieri su suolo italiano. Il dibattito aperto è  sul cosiddetto "ius sanguinis" (diritto di cittadinanza per sangue) e "ius soli" (diritto di cittadinanza in base al Paese di nascita). Un discorso ampio e molto delicato, affrontato con modalità diverse dai diversi Paesi del mondo. Storicamente, mentre nel Regno Unito e in Irlanda era originariamente applicato lo ius soli, il resto dell’Europa viene tra una tradizione di ius sanguinis, per motivi legati sia alla tradizione giuridica del diritto civile che all’esperienza prevalente di emigrazione. Dagli anni Settanta, si sta assistendo però a una generale revisione delle norme, con la sempre più diffusa applicazione di regimi misti che accostano allo ius sanguinis elementi di ius soli.

In italia invece come funziona? 

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La legge 91 del 23 maggio 19811  all’articolo 2 stabilisce che “sono sportivi professionisti gli atleti, gli allenatori, i direttori tecnico-sportivi e i preparatori atletici che esercitano l’attività sportiva a titolo oneroso, con carattere di continuità nell’ambito delle discipline regolamentate dal Coni e che conseguono la qualificazione dalle Federazioni sportive nazionali, secondo le norme emanate dalle Federazioni stesse, con l'osservanza delle direttive stabilite dal Coni per la distinzioni dell’attività dilettantistica da quella professionistica". 

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Boston. 1967. Alla maratona di 42 km le donne non sono ammesse. "Troppo fragili per coprire distanze tarate sul fisico maschile". La ventenne americana Kathrine Switzer si rifiuta di accettare un divieto che le appare assurdo.

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Non tutte le federazioni sportive italiane prevedono la categoria del professionismo, ma anche quelle che la prevedono escludono alle atlete donne la possibilità di accedervi. La colpa è della legge 23 Marzo 1981 che regola l'accesso alla pratica sportiva e prevede che solo gli atleti uomini possano essere professionisti.

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