Riguardo alle due giornate organizzate dalla Uefa a Roma sul tema delle discriminazioni nel calcio e alle quali abbiamo partecipato come Polisportiva antirazzista Assata Shakur e come Sport alla Rovescia, abbiamo già redatto dei resoconti sui dibattiti ai quali abbiamo assistito, in modo il più possibile oggettivo (qui e qui). Intendiamo ora fare delle considerazioni, guardando alla Uefa Respect Diversity dalla nostra prospettiva, quella delle realtà dal basso, che praticano quotidianamente lo sport popolare e antirazzista, producendo campagne e modificazioni sia nel territorio in cui agiamo, sia all'interno delle istituzioni sportive che dovrebbero tutelare questi argomenti. Se da un lato ci pare fondamentale che anche dall’alto si riconosca il problema delle discriminazioni nel calcio, con l’intenzione di mettere in pratica piani d’azione concreti, dall’altro non possiamo non riconoscere una distanza dal territorio e dal tessuto sociale. A Roma si è discusso tanto di lotta al razzismo, all’omofobia, al sessismo e di tutela delle minoranze, ma dal nostro punto di vista la discussione è sembrata piuttosto debole, così come le proposte scaturite per innescare un reale rinnovamento. 

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A seguire un resoconto della seconda giornata della Uefa Respect Diversity di Roma.

L’ultima delle due giornate della Uefa Respect Diversity di Roma, è stata inaugurata da sei differenti workshop, ognuno connesso al tema centrale dell’evento, le discriminazioni nel mondo del calcio, con l’obiettivo di confrontare varie esperienze a partire dalle quali avanzare soluzioni possibili. 

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Esponiamo di seguito un resoconto della prima delle due giornate intitolate Uefa Respect Diversity.

La Uefa Respect Diversity di Roma è stata inaugurata da Michel Platini, che ha presentato la due giorni sul tema dell’antirazzismo e della lotta alle discriminazioni nel calcio, sottolineando come nonostante vari interventi in materia, il razzismo è ancora presente in questo sport e nelle società calcistiche. La popolarità del calcio porta con sé una grande responsabilità, quindi se da un lato esso rispecchia la società, dall’altro deve intervenire su di essa per combattere le varie forme di intolleranza. Ha quindi denunciato come in Italia la situazione al riguardo sia critica, citando ad esempio il caso di Balotelli. Il presidente della Uefa ha colto l’occasione per esprimere la propria personale riprovazione riguardo la recente frase di Tavecchio, sulla quale ha dichiarato di non voler aggiungere ulteriori commenti, dal momento che la Uefa ha aperto un’inchiesta sul caso di cui si è reso protagonista il neopresidente della Federcalcio. 

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Il 10 e l’11 settembre a Roma la conferenza UEFA per combattere le discriminazioni

«Un incontro per combattere le discriminazioni nel calcio e per fornire le linee guida sulla gestione del razzismo. Il 10 e l’11 settembre al Grand Hotel Parco dei Principi di Roma si svolgerà la conferenza Respect Diversity 2014, organizzata dalla UEFA con la partecipazione della rete FARE e di FIFPro (l'unione mondiale calciatori) e con il supporto della Federcalcio. Saranno oltre 200 i delegati presenti in rappresentanza delle federazioni associate UEFA, delle leghe, dei club, delle organizzazioni politiche e di governo, delle associazioni non governative (ONG), delle minoranze, oltre a esperti del settore e giornalisti. Ad aprire i lavori sarà il presidente della UEFA Michel Platini: “Mi auguro che questa conferenza – auspica il numero uno del massimo organismo calcistico europeo - incoraggerà i rappresentanti del calcio, i tecnici, i giocatori e i tifosi a lavorare insieme per dire basta ad ogni forma di discriminazione”. Nel corso dell’evento è prevista una tavola rotonda con i responsabili della politica e dello sport, con un workshop e un dibattito in cui saranno coinvolti ex giocatori e calciatori professionisti»

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La morte sotto i bombardamenti del più famoso calciatore palestinese non impone alla Fifa nessun tipo di condanna verso lo stato di Israele e la sua federazione

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Si ho deciso, mi rimetto ad andare in bici, mollo tutto e a luglio 2015 sarò in giallo a Parigi. Mi allenerò tantissimo, farò una dieta ferrea, stop sigarette, alcol, e giù di doping. Tanto l’ho sentito al bar: nel ciclismo se ti dopi vinci! Ho deciso che il mio soprannome sarà “in punta di sella”, così avrò anche l’account twitter pronto e quindi mi risparmio metà dell’opera.

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In un battibaleno, 104 anni di storia calcistica padovana e una parte importante della storia del calcio in Italia è scomparsa. Con la fine per collasso da debiti del Calcio Padova scompare un pezzo di storia della città e a poco serve il balletto di incontri di questi giorni di nuovi imprenditori con il Sindaco Bitonci per garantire la presenza di una nuova società recuperata dal mucchietto di cocci lasciato che possa partecipare al campionato di serie D – previo consenso della Figc – a nascondere la cesura prodotta nella storia calcistica cittadina con il Padova che è stato quello di Nereo Rocco e del catenaccio.

 

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Non è solo il calcio, o meglio è il calcio. Accostare la morte di Ciro Esposito con l'ennesimo fallimento della spedizione azzurra alla Coppa del Mondo può sembrare un azzardo, una mancanza di sensibilità e tatto. Invece quello a cui abbiamo assistito dal 3 Maggio a oggi non è altro che la sintesi chiara delle condizioni in cui è messo il calcio italiano. Stadi vuoti e fatiscenti frutto di speculazioni e ruberie (Italia ’90…), militarizzazione e leggi repressive ai danni dei pochi che allo stadio vorrebbero ancora andare, un campionato di basso livello che solitamente a Gennaio è già finito. Le scommesse e le partite combinate. E i morti, come Ciro Esposito appunto. Il calcio, chi lo governa, non ha mai saputo da solo creare un sistema di autodifesa da qualsiasi negativo agente esterno. E’ autoreferenziale e chiuso in se stesso. Razzista, lo dimostra ogni giorno di più, sessista e precluso alle voci fuori dal coro. Si difende come un circolo chiuso, una proprietà privata. Ma è anche inutile aprire qui l’elenco delle nefandezze e degli errori compiuti in questi anni arrancando coi decreti di emergenza miranti a tamponare falle incolmabili. Orrori.

Per rispetto a Ciro e all'intelligenza di tutti non torniamo sul fatto che un nazista va in giro armato dopo essersi creato proprio grazie al calcio una "nuova" identità. Un pò come i gerarchi dei regimi latino americani che si riciclano nelle federazioni sportive. La voglia di un calcio includente, che non si domanda da dove e di che genere sia chi lo pratica, un calcio che ogni domenica è realtà nei campi di Lecce e Firenze, Roma ed Ancona, Padova e Vicenza, Bologna e Napoli, Genova, Taranto e un sacco di altre città è più che una realtà. Il proliferare di polisportive popolari e squadre è la risposta a uno sport che non ha più un futuro se non questo e che si trincera in fortezze militarizzate dove perfino il racconto di ciò che accade è omertoso. Dove si cerca di mostrare ciò che non è, con la faccia tosta di chi sa che tanto va bene così. Media collusi con un sistema che si auto alimenta, si commenta e si processa da solo. Ma al lunedì soltanto, s’intende.

Il calcio che vogliamo noi è di parte. Partigiano anzi. Perché resiste e contrattacca, rilancia e propone alternative possibili, vere, che sono destinate a crescere e proliferare. Questo è lo sport vero, altro che…Se pensiamo poi che gli sport olimpici sono in mano alle forze armate, che il CONI è un baraccone e che lo sport italiano è legato alla stessa gente da sempre rimane una sola strada percorribile: que se vayan todos.

E capiamoci, è la morte di Ciro che inesorabilmente indica di che malattia è vittima il Dio pallone, non l’uscita da un mondiale.

Era la prima settimana di maggio e con “E' tempo di Fair Play Finanziario” abbiamo introdotto questo nuovo argomento tanto discusso quanto ancora non ben chiaro a tutti, siamo quasi a fine giugno e qualcosa è cambiato, con l'arrivo delle temperature torride sono anche cadute le prime teste dei famigerati “nemici” del Fair Play Finanziario, o almeno così sembra.

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Ad Amburgo la giornata di sabato 31 maggio all'interno dell'Antira Tournament è stata programmata senza partite del torneo di calcio, così si è potuto dedicare un intero giorno a parlare di forme ed espressione di intervento nelle situazioni delle varie realtà presenti, tramite la formula del workshop. Poi la domenica pomeriggio ha visto Alerta Network discutere del futuro del torneo e della crescita di prospettive di lavoro. Sportallarovescia ha partecipato ai lavori del dibattito sulla problematica dei rifugiati e sull'antifascismo nelle curve.

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A qualcuno succede a 6 anni, a qualcuno a 4, a me è successo a 3 anni. Cosa? Riuscire ad andare in bicicletta senza rotelle.

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“Kein Fussball den Faschisten”.

Questa è la scritta a caratteri cubitali che trovate su una delle due tribune, quando entrate all'interno del Millerntor, lo stadio del Sankt Pauli. Per un momento provate a cancellare dalla vostra mente recinzioni, reti divisorie, tornelli, tessere del tifoso, presidenti affaristi ed ululati razzisti e provate ad immaginare che i tifosi siano una parte fondamentale attiva di un club e che tra la squadra e il quartiere ci sia un legame talmente forte da diventare veramente un bene comune della comunità.

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